“Quindi il primo che arriva rompe internet? È così?”. Alessandro Curioni, vice presidente di Ibm e direttore del centro di ricerca di Zurigo, ci pensa un po’ su prima di rispondere. «Diciamo che con un computer quantistico universale, e un numero di Qubits grande a sufficienza allora sì, saremmo in grado di rompere le chiavi crittografiche che oggi utilizziamo. Non tutte – tiene subito a precisare – ma un particolare gruppo di crittografia connesso con l’autenticazione che però è il più diffuso». Cosa vuole dire in parole semplici? Potere fare saltare mezza economia digitale. Dalla metà degli anni ’90 la crittografia a chiave pubblica (Pkc) è diventata una componente fondamentale dell’infrastruttura digitale della comunicazione globale. Protocolli come Tls, Ssh e IPsec supportano applicazioni importanti per la nostra economia, la nostra sicurezza e il nostro modo di vivere, come smartphone, servizi bancari, e-commerce, social, reti e servizi per le aziende in cloud. Questi sistemi consentono infatti a più di 4,5 miliardi di utenti di operare sul web in totale sicurezza. È stato calcolato che il mancato riconoscimento del rischio che il quantum computing comporta per la Pkc potrebbe costarci trilioni di dollari. Qui trovate l’intervista ad Alessandro Curioni su 24+ Il Sole 24 Ore.
Nel corso della puntata di Think Tally Talk però non abbiamo solo parlato di crittografia quantistica. Ma anche di Foundation Model, intelligenza artificiale e big data E anche di futuro della ricerca. Buona visione