Una media di 127 chili pro capite. A tanto ammonta la quantità pro capite di cibo sprecata nel 2020. A dirlo è Eurostat, che nei giorni scorsi ha pubblicato i dati relativi ai generi alimentari letteralmente buttati via all’interno dei confini dell’Unione. Numeri che, nella grande maggioranza dei paesi, puntano il dito contro le famiglie come principali responsabili di questo spreco. In media, sono infatti responsabili del 55% del cibo che o non arriva in tavola o ci transita solo per poi finire nel cestino.
Il risultato è rappresentato nell’infografica che apre questo pezzo. Ogni treemap, ovvero ogni gruppo di rettangoli, rappresenta un paese. Più il congolomerato è grande, e lo stesso vale per i singoli quadrati colorati, maggiore è la quantità pro capite di cibo sprecata nel 2020. I colori indicano la fonte dello spreco, come spiega la legenda nella parte bassa.
Con l’eccezione di Cipro, Danimarca, Lussemburgo e Slovenia, in tutti i paesi d’Europa il riquadro più grande si colora di verde. Ovvero la tinta che indica le famiglie, che come detto sono le principali responsabili dello spreco alimentare. Da notare come in tutte le nazioni sia marginale il ruolo della ristorazione: i numeri non spiegano se sia perché «in cucina non si butta via niente», come afferma lo chef Antonino Cannavacciuolo, o perché nell’anno della pandemia i ristoranti hanno lavorato molto meno rispetto al solito.
La nazione in cui è maggiore lo spreco pro capite è Cipro, dove nel 2020 sono stati buttati 396 chilogrammi di cibo per abitante. In questo caso, la principale responsabile è stata l’industria alimentare, che ha generato uno spreco alimentare pro capite pari a 190 chili. La più virtuosa, invece, la Slovenia, con appena 68 chilogrammi a testa buttati. E l’Italia?
Nel nostro paese, nel 2020, sono stati sprecati 146 chilogrammi di cibo pro capite, 19 in più rispetto alla media europea. Superiore al dato continentale anche quello relativo all’incidenza di quello buttato dalle famiglie sul totale: si tratta di 107 chili pro capite, pari al 73,3% del totale. Anche in questo caso: per un paio di mesi gli italiani sono rimasti chiusi in casa, per larghe fette dell’anno non hanno potuto frequentare bar e ristoranti.
Per sapere, in altre parole, se gli italiani siano diventati poco attenti al cibo occorrerà aspettare i numeri relativi ad un anno normale. Resta il fatto che la quota di spreco alimentare resta superiore alla media europea. Sovranità o meno, resta un comportamento alimentare che sarebbe saggio rivedere.