Abbiamo raccontato che l’Italia è fra i paesi dell’area OCSE con la percentuale di dottorandi e dottori di ricerca più bassa. Se ci limitiamo a consideriare il numero di studenti e studentesse attuali, pare non esservi alcun divario di genere, contando un sostanziale equilibrio, con una percentuale di ragazze che hanno conseguito il titolo dal 1998 al 2019 rimasta costante intorno al 52%. Eppure, rimangono persistenti diverse polarizzazioni: il gap nella partecipazione ai dottorati nelle discipline cosiddette STEM, – scienze matematiche, informatiche e ingegneristiche – a netta predominanza maschile; il divario salariale notevole, anche fra i dottori di ricerca, in tutte le discipline, e la presenza femminile sempre minore mano a mano che si sale di grado rispetto alla carriera. Le nostre università vedono sì una forte presenza femminile, che tuttavia si assottiglia sempre di più salendo di grado accademico. Il Miur a marzo 2021 rilevava che le donne sono il 55,8% degli iscritti ai corsi di laurea, il 56,9% del totale dei laureati, il 48,8% degli iscritti ai corsi di dottorato , il 51,1% del totale dei dottori di ricerca, il 49,8% dei titolari di assegni di ricerca, il 46,9% dei ricercatori universitari, il 39,9% dei professori associati e solo il 24,8% dei professori ordinari. Sempre nel 2021 si contavano 6 rettrici su un totale di 84.
Il gap retributivo è sistemico e si manifesta in tutte le aree disciplinari. Il maggior gap salariale tra uomini e donne che posseggono un dottorato lo si trova fra le Scienze mediche, con una differenza di reddito pari addirittura a 704 euro mensili. Seguono i dottori in Scienze matematiche e informatiche, Ingegneria industriale e dell’informazione e Scienze giuridiche, che registrano una differenza reddituale rispettivamente di 325, 312 e 312 euro. Il divario è più contenuto nelle cosiddette discipline umanistiche, dove le retribuzioni sono più basse per tutti.
In ogni modo gli studenti che conseguono il dottorato in Italia riescono a percepire un reddito medio assai superiore all’estero che rimanendo in Italia, un trend che vale sia per gli uomini che per le donne. Una donna che consegue un dottorato all’estero percepisce un il reddito quasi 1,7 volte superiore a quello percepito in Italia, (1,5 volte per gli uomini).
I dati, riportati in una lunga relazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) pongono apertamente la questione se la distribuzione per genere sia nelle discipline STEM che in quelle non STEM fosse più omogenea si otterrebbero risultati migliori, sia dal punto di vista dei traguardi scientifici e professionali che della soddisfazione individuale. Non è semplice rispondere a questa domanda, dal momento che ne sottende un’altra – sempre quella: se la scelta di non intraprendere una certa carriera scientifica, preferendo un percorso umanistico-sociale dipenda per le donne da un processo di selezione discriminatorio, oppure da vocazioni strettamente individuali, o se invece non vada imputata a stereotipi di genere che vengono inconsciamente assorbiti durante la propria infanzia e adolescenza, ma che vengono sentiti invece, appunto, come vocazione onesta, come desiderio sincero di dedicarsi a un certo ambito di ricerca, da parte della donna. Come raccontavamo qualche mese fa, negli ultimi anni le ragazze sbancano nei licei, tranne allo scientifico. Le iscritte al liceo classico sono il doppio degli iscritti, al liceo linguistico sono quasi il quadruplo dei maschi, al liceo artistico quasi il triplo, al liceo delle scienze umane quasi il quintuplo. L’unico liceo dove le ragazze sono meno dei ragazzi è il liceo scientifico: 54 mila contro 73 mila. I maschi quindi dove sono? Prevalentemente all’istituto tecnico tecnologico e (85 mila iscritti contro 19 mila iscritte nel 2020-21) e al professionale (43 mila ragazzi e 31 mila ragazze).
Il gap salariale è già evidente in generale fra chi possiede una laurea. Qualche tempo fa, su Infodata abbiamo analizzato i dati provenienti da un enorme database del MIUR che contiene i dati di tutti i laureati e le laureate nel 2018 per corso di laurea e ateneo, triennale e magistrale, e per provincia di residenza. Le neo neoingegnere a 5 anni dal conseguimento del titolo lavorano e guadagnano molto meno dei loro colleghi uomini, anche perché molte di loro sono impiegate part-time. Le ingegnere guadagnano in media 1.607 euro al mese, contro i 1.792 dei colleghi maschi. Il 4,1% delle professioniste è assunta part-time, contro l’1,9% degli uomini. Attenzione: stiamo parlando di un confronto fra giovani laureati da cinque anni. Eppure stando a quanto riporta AlmaLaurea, le donne STEM (e lo stesso vale per il sottogruppo di ingegneria) sono caratterizzate da un voto medio di laurea lievemente più alto (103,6 su 110, contro 101,6 degli uomini) e da una maggiore regolarità negli studi (tra le donne il 46,1% ha concluso gli studi nei tempi previsti contro il 42,7% degli uomini).
Per approfondire.
Anche con il Pnrr i dottorati in Italia restano di meno che nel resto d’Europa
Quante sono e quanto guadagnano le neo ingegnere d’Italia?
Il gender gap delle donne sul lavoro. Un anno di dati, non di opinioni