Sono oltre 86 mila gli operatori del settore agroalimentare certificati come eccellenze nel 2021. Una quota in crescita del +2,8% rispetto al 2020, con 315 prodotti di qualità riconosciuti nel 2021 dall’Unione Europea (contro i 312 dell’anno precedente). Più del 40% degli operatori DOP, IGP e STG è nel Mezzogiorno.
Ma quali sono le regioni maggiormente coinvolte nella produzione e nella trasformazione dei prodotti agroalimentari di qualità? Quali, invece, i settori più interessati? Scopriamolo insieme guardando all’ultimo rapporto ISTAT
I numeri delle regioni
È la Sardegna la regione con la maggior quota nazionale di produttori di qualità (parliamo del 19% sul totale, quasi alla pari di tutti i produttori presenti nel centro Italia, che si aggirano intorno al 21%). La segue la Toscana e il Trentino, con un ex aequo pari al 14,3%.
Più varia e dislocata sul territorio è la situazione per i trasformatori. In questo caso primeggia la Campania (a cui fa capo il 29,4% della trasformazione di qualità a livello nazionale), la segue la Toscana (con un 16,6%) e le Marche (11,4%).
Ma, in generale, la crescita interessa soprattutto le regioni del Mezzogiorno (+2,8% per gli operatori e +2,9% per i produttori). Al Nord la variazione è di +1,6% sia per i produttori che per gli operatori. Nel Centro-Italia, invece, si registra una situazione più stazionaria (entrambe le categorie definiscono un +0,8% rispetto al 2020).
I settori interessati
Caratterizzato dal maggior numero di riconoscimenti Dop e Igp, tra il 2020 e il 2021, il settore degli ortofrutticoli e dei cereali segna un’importante crescita. Si registra, infatti, un incremento di tutte le categorie interessate pari al +5,6%. Nello specifico, oltre la metà dei produttori del settore si colloca nel Trentino (il 51,4%). Segue la Sicilia, anche se con grande distacco, registrando un 11,5%.
In segno negativo la crescita degli operatori nella preparazione di carni e nel comparto formaggi. I primi, in special modo, hanno accusato un calo del quasi -7% dei produttori e del -6% per gli allevamenti. Ma, oltre a questa industria, non si notano gravi contrazioni.
Questi numeri fanno ben sperare, soprattutto nel particolare momento in cui riversa l’economia agricola italiana. Si pensi, ad esempio, alla diminuzione del 40% nella produzione di limoni avvenuta negli ultimi 30 anni per via del “mal secco”, un fungo dell’agrume. Ma potrebbe essere un ulteriore monito la xylella, una vera e propria sciagura avvenuta in Puglia negli ultimi anni, con la morte di intere distese di alberi di ulivo, alcuni di essi persino secolari. Un danno immane, a livello economico e sociale, oltre che paesaggistico. L’auspicio è dunque che le eccellenze italiane continuino ad essere attenzionate a livello europeo, salvaguardando gli operatori alimentari di qualità. Veri artigiani, baluardi di una dieta mediterranea che il mondo ci invidia.
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