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Come si misura la transizione digitale delle imprese italiane?

Come si misura la transizione digitale delle imprese italiane?

Non diciamo di quelle grandi ma delle piccole e medie imprese che peraltro rappresentano come sappiamo la stragrandissima maggioranza delle aziende italiane. Rispondere a questa domanda non è semplice perché vuole dire definire cosa è digitale. Ci sono aziende dove per esempio tutti sono connessi a banda larga ma non viene adottato alcun accorgimento in termini di cybersecurity. O altre invece organizzate nei processi come una startup californiana ma carenti quanto a investimenti in Ict. Istat da alcuni anni pubblica il report “Imprese e Ict” e propone come strumento per valutare la modernizzazione delle nostre imprese il Digital Intensity Index (DII). Si tratta di un indice costruito a livello di microdati che misura l’utilizzo da parte delle imprese di 12 diverse tecnologie digitali. Vediamole net dettaglio.

1. percentuale di addetti connessi >50%;

2. imprese che impiegano specialisti ICT;

3. imprese che si connettono a Internet in banda larga fissa a velocità di download >= 30 Mbit/s;

4. Imprese che effettuano riunioni a distanza via Internet (ad es. con Skype, Zoom, MS Teams, WebEx, etc.);

5. imprese che informano gli addetti dei loro obblighi inerenti tematiche sulla sicurezza ICT;

6. imprese che hanno organizzato nell’anno precedente corsi di formazione per sviluppare o aggiornare le competenze ICT/IT degli addetti senza competenze specialistiche in ICT/IT;

7. imprese che utilizzano almeno tre misure di sicurezza ICT;

8. imprese che hanno documenti su misure, pratiche o procedure sulla sicurezza ICT; ù

9. imprese con addetti che hanno accesso remoto via Internet a e-mail, documenti, applicazioni aziendali;

10. imprese che utilizzano robot;

11. imprese con il valore delle vendite online almeno pari all’1% dei ricavi totali; 12. imprese che hanno vendite via web maggiori dell’1% dei ricavi totali e il cui valore delle vendite via web verso consumatori privati (B2C) sia superiori al 10% del totale delle vendite via web. Il valore per l’indice varia quindi da 0 a 12.

L’ indice individua quattro intensità digitali in funzione del numero di attività svolte dalle imprese: fino a 3 attività (livello molto basso), da 4 a 6 (livello basso), da 7 a 9 (livello alto), da 10 a 12 (livello molto alto). L’intensità di base è costituita dalle almeno 4 attività.

Quindi come stiamo messi in Italia?

Detto altrimenti, cosa emerge dall’ultima indagine  su imprese e ICT? Nel 2022 il 69,9% delle piccole e medie imprese ha avviato almeno 4 attività digitali su 12, più della media Ue. Vuole dire che è una buona notizie. Il maggiore ricorso al lavoro da remoto che nel 2022 ha coinvolto oltre 7 imprese su 10 ha influito sull’aumento della quota di imprese con almeno 10 addetti che dispongono di documenti su misure, pratiche o procedure di sicurezza informatica (48,3%, era il 34,4% nel 2019; 37% la quota in Ue27).

Ma c’è un ma. Restano gap importanti sul fronte della presenza di specialisti, della formazione di nuove competenze, della sicurezza informatica avanzata e dell’e-commerce. Con riferimento ai 12 indicatori per classe di addetti, i divari maggiori si riscontrano, a scapito delle PMI (imprese con 10-249 addetti), nella presenza di specialisti Ict, nella decisione di investire in formazione ICT nel corso dell’anno precedente, nell’uso di riunioni online e di documentazione specializzata sulle regole e le misure da seguire sulla sicurezza informatica. Detto con una slogan: le piccole e medie imprese si connettono di più ma la transizione digitale procede con lentezza. Vediamo tre numeri scelti da noi per capire meglio cosa sta accadendo.

23%

Pmi più connesse, come le grandi. Rispetto al 2019 la quota di PMI nelle quali nell’anno 2022 più del 50% degli addetti hanno accesso a Internet per scopi lavorativi è aumentata quasi del 23%, eguagliando i tassi di crescita delle grandi imprese (passando rispettivamente dal 40% al 49% e dal 47% al 58%). Nello stesso periodo, più marcata è la crescita degli addetti delle pmi che utilizzano dispositivi connessi a internet, che aumenta dal 50% al 56% annullando la distanza con le grandi imprese (55,2%).

74,9%

Le aziende e l’impatto ambientale. Una premessa: l’edizione 2022 della Rilevazione ICT, per la prima volta, ha indagato l’adozione di alcune semplici misure che incidono indirettamente sull’ambiente, come il controllo del consumo di carta (68,0%) o del consumo di energia delle apparecchiature ICT (52,2%). Quello che emerge è che sei aziende su dieci sono attente ai consumi e all’impatto ambientale del loro Ict. L’Italia, preceduta solo dal Portogallo, è in vetta alla classifica europea su due fronti. Il 74,9% delle imprese adotta comportamenti green nella scelta della tecnologia valutandone anche l’impatto ambientale; inoltre, il 59,9% delle imprese combina la valutazione dell’impatto ambientale dei servizi o delle apparecchiature ICT, prima di selezionarli, con l’adozione di misure che incidono sul consumo di carta o di energia delle tecnologie informatiche

45,1%

Poco preoccupati dalla cybersecurity La cybersecurity preoccupa solo il 45,1% delle imprese più grandi, che per difendersi hanno stipulato un’assicurazione contro gli incidenti informatici. Tra le imprese di minore dimensione la quota è del 14,4% (rispettivamente 44,6% e 22,6% in Ue27). Ciòdetto, il 74,4% delle imprese italiane con almeno 10 addetti utilizza almeno tre misure di sicurezza ICT  in linea con la media europea (74,0%). Più basse le quote di imprese che adottano misure di sicurezza avanzate, necessarie, ad esempio, all’analisi degli incidenti di sicurezza come la conservazione dei file di registro. Quindi non bene.

18,3%

L’ecommerce ci rende più arretrati. In generale, il 18,3% delle imprese con almeno 10 addetti ha effettuato vendite online fatturando il 17,8% del fatturato totale, rispettivamente 22,8% e 17,6% a livello Ue27. Nel Desi 2022, misurato con i dati rilevati nel 2021, la dimensione legata all’integrazione delle tecnologie digitali collocava le imprese italiane in ottava posizione nella graduatoria europea. I miglioramenti registrati nei servizi cloud e nella fatturazione elettronica hanno determinato il miglioramento nella graduatoria dell’Italia per l’adozione di tecnologie digitali tra il 2017 e il 2022 (dalla 12° alla 7° posizione). Tuttavia, la limitata performance dell’e-commerce da parte delle piccole e medie imprese ha ridotto gli effetti di crescita delle tecnologie digitali misurate nell’edizione 2020 e 2021 dell’indagine

13,4%

Chi assume professionisti dell’Ict? Pochi, pochissimi. Rimangono stabili rispetto al 2020 l’adozione di robotica e l’impiego di specialisti ICT.

Conclusioni. L’indagine è stata effettuata tra i mesi di maggio e luglio 2022.  Una avvertenza: gli indicatori non sono neutrali rispetto alle attività economiche svolte dalle imprese. Sembra banale ma è bene ricordarlo. Per la maggior parte degli indicatori di connessione, sicurezza e formazione ICT, le migliori performance vengono registrate dalle imprese appartenenti al settore della domanda di ICT specializzata e strategica, come quello connesso alla fornitura di energia (D), in cui operano l’86,4% delle imprese che hanno almeno il 50% degli addetti che accedono a Internet (la media è 49,3%), il 93,3% che ha attivato almeno tre misure di sicurezza ICT (circa 20 punti percentuali più della media) e il 38,3% che ha fornito formazione in campo ICT ai propri addetti (19,3% imprese 10+).

Per approfondire. 

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