Il 18 gennaio si è chiusa ufficialmente l’avventure di Google Stadia. Finisce così, con i rimborsi, il più ambizioso tentativo di mandare a gambe all’aria le console e un pezzo non piccolo dell’industria del gaming. Annunciata alla GDC 2019, nome in codice Project Stream, prometteva di “trasmettere” online cioè di giocare con una latenza molto bassa anche con connessioni non eccessivamente avanzate (un minimo di 10 Mbps) senza la necessità di acquistare hardware dedicato. Dopo l’annuncio acquisisce Typhon Studios, ingaggia Jade Raymond, una celebrità dell’industria del gaming, e dà vita a una divisione per la produzione interna di giochi. Alla guida un veterano di questo mondo Phil Harrison, ex Playstation ed ex Microsoft. Nel 2020 Google Stadia arriva sul mercato mantenendo le promesse.Un controller e Google Chromecast danno accesso a videogiochi in streaming. Il punto più alto viene toccato con Cyberpunk 2077, titolo tripla A che fatica sulle console ma viaggia a 4k su Google Stadia. Qualcosa però non funziona nel modello di business. Il mercato del gaming si dimostra più complicato da scalare. Nel febbraio del 2021 l’annuncio della chiusura. Nel frattempo nascono le esperienze di cloud gaming di Xbox e Playstation. Con Francesco Serino, content creator e giornalista videoludico di Multiplayer.it, proviamo a unire i puntini per ricordare cosa è stato Google Stadia, celebrare la sua eredità e provare a delineare le “magnifiche sorti progressive” del cloud gaming Siete su #PlayThinkTalk
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