Il 7 febbraio si celebra il Safer Internet Day, la Giornata mondiale della Sicurezza in Internet, istituita dalla Commissione Europea per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile dei Nuovi Media tra i più giovani. Si tratta di una ricorrenza annuale istituita nel 2004 al fine di promuovere un uso più sicuro e responsabile del web e delle nuove tecnologie, in particolare tra i bambini e i giovani di tutto il mondo.
Qui trovate cinque numeri su bambini, adolescenti ed ecosistemi digitali dall’ultima indagine (2023) del Telefono Azzurro-Doxa Kids (804 interviste a genitori di ragazzi tra i 12 ed i 18 anni) e da altri studi. Ma prima una premessa.
Cosa è successo dopo due anni di Covid-19? Come scrive il Dipartimento delle politiche della famiglia sotto la Presidenza del consiglio, nell’ultimo periodo, complice anche l’emergenza sanitaria derivante dalla diffusione della pandemia da Covid-19, internet e le altre tecnologie digitali di comunicazione e informazione hanno avuto un ruolo ancora più preponderante nella vita dei più giovani. Basti pensare alla didattica a distanza che ha dominato l’ultimo anno scolastico e continua, in parte, a caratterizzare anche quello in corso.
Quello che è accaduto è che dopo due anni stiamo tornando ai livelli pre-pandemia in termini di connessioni online. Ma nel frattempo è aumentata la varietà di ecosistemi digitali (streaming, gaming, social) e il tempo che passiamo davanti agli schermi.
3 ore
Quanto tempo passano i ragazzi sui social? Secondo l”indagine Telefono Azzurro & Doxa Kids diffusa il 6 febbraio 2023 La metà dei ragazzi intervistati tra i 12 e i 18 anni dichiara di passare dalle due alle tre ore al giorno sui social e chattando (nel 2018 era il 43%), il 14% dalle quattro alle sei ore al giorno, il 4% più di sei ore al giorno e il 3% è sempre connesso. L’8% vi trascorre meno di un’ora e il 21% un’ora al giorno (nel 2018 era il 27%).
93%
Perché stanno sui social? Per gli amici. Il 93% degli intervistati vuole vedere contenuti degli amici, e sono per la maggioranza le ragazze. L’80% vuole vedere contenuti di personaggi famosi o sportivi e il 76% di influencer. Il 71%, in prevalenza ragazze, utilizza i social per leggere notizie, il 66% per postare contenuti e il 63% per vedere contenuti che rimandano ad una marca. La media di pubblicazione dei contenuti sui social è di 2,6 volte a settimana.
93%
Lo smartphone è la porta d’accesso al digitale. Lo smartphone è lo strumento più utilizzato dai ragazzi
intervistati per stare online, nello specifico dal 93%, percentuale che si distribuisce in modo sostanzialmente identico per genere ed età. La
console per videogiochi a partire dal 2018 mostra, nei
termini del suo utilizzo, un andamento piuttosto stabile:
indicata dal 41%, registra però un netto sbilanciamento
verso i ragazzi di genere maschile
65%
Quali sono i rischi dell’online. Il rischio ritenuto più probabile dai ragazzi intervistati è quello di essere contattati da parte di estranei adulti (65% dei casi, percentuale che si innalza al 70% se si prendono in esame solamente le ragazze e i più piccoli, dai 12 ai 14 anni). Seguono il bullismo (57%), oversharing di dati personali (54%), la visione di contenuti violenti (53%) o sessualmente espliciti (45%), l’invio di contenuti di cui ci si potrebbe pentire (36%), le spese eccessive (19%), il gioco d’azzardo (14%).
48%
Cosa è accade online. A quasi 1 ragazzo su 2 (48%, 53% nel caso di ragazzi 15-18 anni) è capitato di incappare in contenuti poco appropriati e nel 25% i contenuti apparsi li hanno turbati e impressionati. Il 19% dei ragazzi ha cercato di controllare e limitare i contenuti sui social, ma non ci è riuscito.
57%
I bambini e il web. Secondo una ricerca dell’Osservatorio Internet@Minori, nato nel 2014 proprio per vigilare sul rapporto tra nuovi media e minorenni, all’età di 12/13 anni, otto bambini su dieci navigano regolarmente su internet e nel 57% dei casi lo fanno senza il controllo dei genitori.
58,4%
Cresce il numero di bambini dotati di smartphone. Secondo un recente rapporto della società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche Lombardia in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca, se nel 2020 i bambini tra i 6 e i 10 anni “possessori” di uno smartphone erano il 23,5% , questo numero sale addirittura al 58,4% nel 2021. Praticamente un bambino su due ha nello zainetto uno strumento potentissimo con il quale navigare, entrare nei social, accedere a siti (ad esempio porno) in grado di turbarlo in modo profondo.
Primo consiglio ai genitori. Mettersi in gioco. Come si legge nel report di Telefono Azzurro, è fondamentale non lasciare soli bambini e adolescenti all’interno degli ecosistemi digitali vecchi e nuovi. Dallo smartphone alle live su Twitch. Che non significa imporre divieti o forzature rispetto a quella “tendenza all’accesso” che in loro è innata, ma significa mettere al loro servizio la nostra consapevolezza di adulti, trasmetterla come valore di crescita e non come imposizione, sintonizzarsi sulla loro lunghezza d’onda – fatta di curiosità, di voglia di protagonismo, e anche di sfida – e accompagnarli in maniera discreta ma solida nei loro percorsi di crescita. Anche online. Gli adulti devono sapersi mettere in gioco.
Secondo consiglio. I rischi della datizzazione. A fronte di una vastità di dati, per approfondire questo fenomeno è importante circoscrivere i dati personali, ovvero tutte quelle informazioni che identificano e rendono identificabile a terzi una persona, come per esempio dati anagrafici (nome e cognome, indirizzo e-mail, indirizzo di residenza, numero di telefono, ecc.), dati finanziari (codice fiscale, conto corrente, numero di carta di credito…), dati identificativi (fotografie, video), dati giudiziari (processi, denunce), dati sensibili (opinioni politiche, convinzioni religiose, ecc.). La grande quantità di dati, raccolti regolarmente sui minori degli anni 18, includono dati condivisi online, sia da loro stessi (aggiornamenti sui canali social, ricerche e navigazione nel Web, tracce di dati del proprio utilizzo di Internet e degli smartphone) sia dai propri genitori che, come già osservato, condividono dati dei propri figli sin dal periodo prenatale o dai primi giorni di vita, al fine di facilitare il controllo o la sorveglianza di determinate caratteristiche o abitudini dei figli
Per approfondire.
Quanto tempo spendiamo connessi?
Con il Covid-19 accelera la “schedatura” dei bambini