L’insicurezza alimentare, definita come la mancanza di accesso fisico o economico a cibo sicuro, sufficiente e nutriente, rimane una delle principali sfide incluse nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Ma come misurare il grado di insicurezza alimentare? Abbiamo abbastanza dati e strumenti di Intelligenza Artificiale e Machine Learning sufficientemente sofisticati per produrre delle previsioni che possano aiutare i decisori a mettere a punto delle politiche mirate e localizzate?
Abbiamo posto queste domande a Elisa Omodei, ricercatrice attualmente presso il dipartimento di Data Science della Central European University di Vienna, che ha pubblicato in collaborazione con la Fondazione ISI di Torino e il World Food Program delle Nazioni Unite un interessante articolo su Nature Scientific Reports dal titolo On the forecastability of food insecurity.
“Lo stato dell’arte della ricerca in questo campo è che negli ultimi anni gli scienziati e le grandi organizzazioni internazionali come la FAO e il World Food Program delle Nazioni Unite, o la Banca Mondiale, stanno elaborando sistemi per predire sulla base dei dati esistenti sul passato e sul presente, chi sarà più fragile dal punto di vista della sicurezza alimentare. Per fare questo servono due elementi: dati estremamente dettagliati a livello geografico e temporale, che significa enormi quantità di “data points” per ogni indicatore, e modelli previsionali efficaci sul lungo termine.
L’articolo di Omodei e colleghi è interessante proprio perché racconta un modello risultato efficace per creare previsioni sull’evoluzione delle tendenze del consumo alimentare insufficiente fino a 30 giorni in sei paesi poveri dove vigono conflitti: Burkina Faso, Camerun, Mali, Nigeria, Siria e Yemen. I dati raccolti hanno riguardato le cause dell’insicurezza alimentare: dati sui conflitti, dati dei prezzi dei cereali e dati metereologici. Si trattava poi di andare a controllare nei 30 giorni successivi alla previsione, se essa si era rivelata corretta nella zona considerata.
Quello che è emerso è che il numero di giornate di cui sono disponibili i dati in tempo reale sono un elemento chiave per le prestazioni del modello di previsione. Per i paesi con il maggior numero di dati giornalieri sull’insicurezza alimentare, ovvero Siria e Yemen, il modello di previsione proposto ha consentito di prevedere con maggiore precisione la prevalenza di persone con un consumo alimentare insufficiente nei 30 giorni successivi.
“Non ve ne sono molti di studi simili al momento, racconta la ricercatrice. I principali indicatori per l’insicurezza alimentare sono stati sviluppati da esperti di organizzazioni internazionali come FAO e WFP. La World Bank ha pubblicato qualche altro studio che procede nella nostra stessa direzione usando indicatori diversi.
Noi utilizziamo il Food Consuption Score (FCS) e il Coping Strategy Index (rCSI). Il Food Consumption Score misura ad esempio se una famiglia ha avuto accesso a cibi diversi chiedendo quanto spesso negli ultimi 7 giorni si è mangiato un certo tipo di alimenti. La frequenza viene sommata in modo pesato cioè considerando quanto è nutriente una data categoria. Se una famiglia ottiene un punteggio al di sotto di una certa soglia, allora la famiglia vive un’insicurezza alimentare. Questi indicatori misurano il grado di insicurezza dei nuclei familiari, per fornire tuttavia il grado di insicurezza della zona geografica a cui le famiglie appartengono. Se in una certa regione più del 40% della popolazione ha un FCS sotto la soglia, si dice che la prevalenza di insicurezza alimentare è elevata.
Sono risultati preliminari, ma incoraggianti. “Il quadro sviluppato in questo lavoro potrebbe essere usato in altri contesti dove sono disponibili dei dati così precisi e fornire ai decisori uno strumento per valutare come si evolverà la situazione di insicurezza alimentare nel prossimo futuro nei paesi a rischio” continua Omodei. La ricerca in questo campo oggi si concentra principalmente nei paesi più poveri del mondo. L’unica zona europea considerata dalla Hunger Map del WFP è l’Ucraina anche se sappiamo che c’è un certo grado di insicurezza alimentare anche in zone di paesi considerati el complesso “ricchi.
Ai decision makers servono previsioni almeno a 3-6 mesi per poter mettere in campo delle azioni concrete per contrastare il problema. “Vi è il problema dell’ interpretabilità di questi modelli – conclude Omodei – per cui il decision maker a cui viene dato un numero proveniente da un algoritmo, non sempre è in grado di coglierne l’origine e la complessità”.
Siamo quindi ancora lontani dal poter fare delle previsioni utili ai decision makers, ma ormai la direzione è segnata. “Per ora possiamo fare stime ragionevoli su che cosa succede da domani a 30 giorni e questo non è poco se consideriamo che l’insicurezza alimentare è un fenomeno molto dinamico con un segnale che varia molto.”