Inizia l’estate e ricomincia l’incubo zanzare, in particolare rispetto allo spettro della febbre West Nile (Malattia del Nilo Occidentale) nella zona della Pianura Padana. E il disastro accaduto in Emilia Romagna nelle scorse settimane costituisce un’ulteriore fonte di preoccupazione dal punto di vista della sanità pubblica.In questi giorni l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato il primo bollettino della stagione 2023, che inizia non da giugno bensì da maggio 2023, e che evidenzia già positività confermate di Virus West Nile WNV in due Province: Catania (04/05/2023) e Varese (08/05/2023), ma solo in popolazioni animali, quindi al momento non negli esseri umani. Nel dettaglio, il Centro di Referenza Nazionale per lo studio e l’accertamento delle malattie esotiche degli animali (CESME) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, ha riscontrato il WNV in un pool di zanzare catturato in Sicilia in provincia di Catania, e in una cornacchia appartenente a specie bersaglio in provincia di Varese. Nessun caso al momento fra gli equidi, fra gli uccelli selvatici, e in allevamenti avicoli.
Un 2022 da record
La stagione passata era stata pesante in Italia, con numeri altissimi rispetto al resto d’Europa, prossimi solo a quelli del 2018, che aveva visto un boom di focolai mai visto in Italia, anche rispetto all’intera area europea. Dall’inizio di giugno all’inizio di novembre 2022 erano stati segnalati solo in Italia 588 casi confermati di infezione da West Nile Virus nell’uomo. In Europa l’ECDC al 26 ottobre 2022, ne aveva contati 949: 573 appunto in Italia, 283 in Grecia, 46 in Romania, 14 in Ungheria, 9 in Germania, 8 in Croazia, 6 in Austria, 5 in Spagna, 4 in Francia, e un caso in Slovacchia) di cui 72 decessi (37 in Italia, 30 in Grecia, 5 in Romania). La presenza del WNV era stata confermata anche in 141 uccelli appartenenti a specie bersaglio in Sardegna, Emilia Romagna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Veneto, in 195 uccelli selvatici e in 240 pool di zanzare catturate in Sardegna, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia.
Fra i 588 casi italiani, 295 si erano manifestati nella forma neuro-invasiva (39 in Piemonte, 26 in Lombardia, 142 in Veneto, 5 in Friuli-Venezia Giulia, 69 in Emilia-Romagna, 3 in Toscana, 3 in Sicilia, 8 in Sardegna). 89 casi erano stati identificati in donatori di sangue che si erano recati a donare, 194 casi si erano manifestati con febbre. Tra i casi confermati, nel 2022 erano stati notificati 37 decessi (6 in Piemonte, 7 in Lombardia, 17 in Veneto, 1 in Friuli-Venezia Giulia, 4 in Emilia-Romagna, 1 in Sicilia, e 1 in Sardegna).
Accanto al virus della West Nile, il bollettino monitora anche il virus Usutu. Questo perché dal 2020 le attività di sorveglianza nei confronti dei virus West Nile (WNV) e Usutu (USUV) sono incluse nel Piano nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta arbovirosi (PNA) 2020-2025. Al momento neanche l’Usutu è stato rilevato in alcun animale né nell’uomo. Nel 2022 erano stati segnalati 6 casi di Usutu virus: (3 in Friuli-Venezia Giulia, 1 in Piemonte, tutti asintomatici rilevati in donatori di sangue), 1 in Emilia-Romagna, e 1 in Lombardia con febbre confermata.
Come riconoscere i sintomi di West Nile e Usutu
A diffondere il virus sono gli uccelli selvatici, con cui è necessario evitare i contatti diretti, e le punture di zanzara (specialmente del tipo Culex). Nonostante la malattia West Nile non si trasmetta da persona a persona tramite, il virus infetta anche altri mammiferi, come equini, cani, gatti, conigli, esponendo anche l’uomo al rischio di contagio.
Se si viene punti da una zanzara infetta, in un periodo di incubazione che varia da due giorni a due/tre settimane, possono manifestarsi dei sintomi. Fortunatamente non tutti i contagiati si ammalano. Circa un caso sintomatico su cinque ha sintomi leggeri come febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei, che durano qualche giorno. Negli anziani e nelle persone più fragili e debilitate i segnali possono essere più gravi.
I sintomi gravi colpiscono meno dell’1% degli infetti, che significa con i numeri del 2022, 1 persona su 150 infettate. In questi casi i sintomi da tenere d’occhio sono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. In casi rarissimi, un caso su mille contagiati il virus può causare un’encefalite anche letale.
Gli stessi sintomi li provoca anche la malattia di Usutu, detta anche infezione da Usutu Virus, un patogeno isolato per la prima volta nel 1959,e somigliante ad altri arbovirus emergenti come appunto il virus del Nilo occidentale.
In caso di sintomi più forti è consigliabile recarsi in pronto soccorso per un test per la positività al virus. È sufficiente un’analisi del sangue o in alcuni casi sul fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Se si è malati, si risulterà positivi, dal momento che questi anticorpi possono persistere anche fino a un anno nei soggetti malati. Un altro approccio diagnostico è tramite Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale.