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Nba, chi è Nikola Jokic la stella serba dei Danver Nuggets? – Parte 1

La corsa dei suoi cavalli ed un evidente imbarazzo nel ricevere la tradizionale magnum di champagne da agitare per spruzzare tutto lo spogliatoio.

Per tutto quello che esula dal basket in senso stretto, queste due potrebbero essere le istantanee che meglio caratterizzano Nikola Jokic nel post partita di quella gara 5 delle Finals NBA che ha consegnato alla stella serba ed ai suoi Denver Nuggets il primo titolo della Mile High City.

Due istantanee che condividono la stessa stranezza che rendono Jokic un giocatore davvero fuori da ogni paradigma.

Ma partiamo con ordine, dato che torneremo su queste “fotografie”.

Battendo degli eroici Miami Heat che si presentavano al tabellone playoff con il seed numero 8 sulla sponda est e con parecchi acciacchi che hanno costretto ai box due giocatori importanti (Herro ed Oladipo), Jokic e compagni si sono laureati campioni NBA andando di fatto a lanciare un messaggio importante verso tutte le squadre che – recentemente – provano ad assemblare i super team per avere maggiori possibilità di aggiudicarsi il prestigiosissimo “anello”.

Giusto per contestualizzare la struttura dei Nuggets, oltre al perno indiscusso che veste la maglia numero 15 – proclamato chiaramente MVP delle Finals – tra le fila di Denver è impossibile non citare Jamal Murray, guardia tiratrice risorta dalle ceneri di una serie di infortuni che lo avevano tenuto lontano dal parquet fin troppo ed in grado di chiudere la serie di finale con un trittico medio di almeno 25-5-5 (punti, assist e rimbalzi) esattamente come il “Joker”, diventando la prima coppia di compagni a riuscire nell’impresa.

In aggiunta a questi due pilastri, i Nuggets hanno ultimato il loro “core” con un altro – giovane – pezzo pregiato dal talento cristallino, per quanto ancora discontinuo, andando a scegliere Michael Porter Jr nel draft del 2018 nonostante i problemi alla schiena che lo avevano fatto precipitare rispetto alle proiezioni pre-infortunio basate unicamente su quanto aveva mostrato tra high-school e primi mesi al college.

L’ossatura dei freschi campioni NBA nasce quindi da un percorso che parte da lontano, sposando l’idea di coltivare un gruppo “organico” – a cui nel tempo sono stati affiancati i tasselli mancanti (vedasi l’ottimo Aaron Gordon proveniente da Orlando e Kentavious Caldwell-Pope) – nato dalle scelte al draft peraltro mai in posizioni particolarmente privilegiate, specie se si pena che Jokic è stato selezionato al secondo giro con la 41esima chiamata, Murray con la settima e Porter Jr con la scelta numero 14.

In effetti, avere delle “pick” non altissime è piuttosto all’ordine del giorno per i Nuggets visto che negli ultimi venti anni (romanticamente considerati anche perché oltre ad essere un numero “tondo” segnano il periodo dell’arrivo di Carmelo Anthony che ha ridato lustro ad una franchigia considerata dormiente) hanno sempre mantenuto un livello di performance decisamente superiore alla media.

Nel grafico che segue sono stati rappresentati i bilanci vittorie sconfitte (Win-Loss) delle trenta squadre NBA negli ultimi i venti campionati andando a colorare ogni cella sulla base di un gradiente che vira dal rosso per i risultati meno performanti fino al blu delle regular season più vincenti, venendo corredati da un triangolo in alto o in basso a seconda dell’eventuale partecipazione alle Finals con relativo esito associato.

In aggiunta, per ogni squadra è disponibile il bilancio complessivo calcolato sull’intero periodo esaminato.

 

 

…segue