Covid-19, crisi della materie prime, guerra tra Russia ed Ucraina e conseguente crisi energetica sono tutti avvenimenti che nel corso di questi ultimi tre anni hanno minato la stabilità economica a livello mondiale da diversi punti di vista.
Se singolarmente è abbastanza facile trovare delle evidenze anche nell’ordinaria quotidianità – basti pensare al caro bollette – è molto meno immediato soffermarsi a riflettere su come le aziende stiano attraversando questo delicato periodo, in particolar modo se non si è strettamente a contatto con una realtà lavorativa impattata direttamente da questi problemi.
Detto che i fattori che possono influenzare lo stato di salute possono essere molteplici oltre alle circostanze citate poc’anzi, grazie ai numeri pubblicati da Eurostat, noi della redazione di Infodata abbiamo voluto dare uno sguardo a quale sia l’andamento delle dichiarazioni di bancarotta registrate all’interno dell’Unione Europea negli ultimi otto anni.
Nei grafici che seguono, in riferimento al periodo 2015-2022, sono riportati i numeri riferiti all’andamento delle dichiarazioni di bancarotta calcolati sulla base del valore registrato a livello europeo per il 2015, idealmente identificato come 100.
Nella duplice versione della visualizzazione, i dati di Eurostat sono prima presentati secondo uno “spaccato” geografico con il riferimento delle singole nazioni, e poi declinati invece in funzione del settore di appartenenza delle attività monitorate.
Secondo il dg di BusinessEurope Markus Beyrer commentando i dati Eurostat sull’aumento delle dichiarazioni di bancarotta nel quarto trimestre 2022 (+26,8%) la velocità con cui il numero di fallimenti è aumentata è allarmante.
Si tratta del tasso pù alto di fallimenti nella Ue da quando e iniziata la raccolta dei dati. L’aria per respirare si fa sempre più stretta, soprattutto per le piccole e medie imprese. Molti fallimenti sono stati rinviati artificialmente a causa delle misure di sostegno del governo sulla scia della pandemia , che stanno ora volgendo al termine. Preoccupano tuttavia i fallimenti dovuti al triplice choc degli alti costi dell’energia, degli alti costi dei materiali e di produzione e dell’aumento del costo del lavoro.
Osservando il quadro completo degli otto anni disponibili, ci si trova di fronte ad uno scenario duplice che presenta conseguentemente due possibili modi di interpretare i dati: contemplare i dati per singoli trimestri (si faccia riferimento alla heatmap della parte inferiore) oppure concentrarsi sul valore annuale che, in questo caso, è stato ottenuto dalla media dei quattro trimestri che lo compongono (come riportato nella parte alta, con il dettaglio del 2022 nell’istogramma).
Se si opta per prendere in esame entrambi i punti di vista, si potrebbe partire col dire che a livello complessivo (inteso come EU 27) l’Unione europea ha avuto per il 2022 un indicatore di bancarotta inferiore rispetto al 2015 come dimostra il valore pari ad 88, anche se, esaminando la progressione di tre mesi in tre mesi da inizio del periodo, si può osservare come nel corso del solo ultimo anno i dati si siano notevolmente alzati, in particolar modo nella seconda metà del 2022, arrivando a superare quota 100 (espresso come riferimento per il 2015) e stabilizzandosi sui 113 dell’ultima registrazione che figurano come il valore più sull’intero spettro di analisi.
Come spesso accade, un valore unico non è rappresentativo per tutte le realtà e soffermandosi sui singoli grafici emerge come tra i diversi paesi dell’Unione Europea ci siano valori e andamenti molto diversi fra di loro.
Rimanendo concentrati sul solo anno appena concluso, sono sei le nazioni che hanno fatto registrare valori sopra quota 100, a partire dalla Repubblica Slovacca che con 265 figura al primo posto in questa poco edificante graduatoria, a cui poi fanno seguito Spagna (229), Danimarca (219), Croazia (217), Bulgaria (131) e Lussemburgo.
L’Italia invece ha chiuso il 2022 con un valore medio pari a 48, con un trend in miglioramento dato dalla successione di 53, 52, 48 e 42 che completano un pressoché costante calo rispetto al 102 di inizio 2015, registrando un’unica anomalia “positiva” durante il secondo trimestre 2020 in cui è stato registrato un 21 che figura come uno dei numeri più bassi tra tutte le rilevazioni fornite.
Settori e situazioni diverse, ma numeri in aumento
A differenza della segmentazione per nazione, gli andamenti che rappresentano l’Unione europea dal punto di vista dei settori in cui operano le aziende esaminate, pur avendo valori assoluti diversi, raccontano di una tendenza tutto sommato comune.
In particolare, soffermandosi sugli andamenti annuali (sempre intesi come la media delle quattro rilevazioni dei singoli anni), emerge un quadro in cui c’è stato un calo dell’indicatore fino al 2017 a cui ha fatto seguito un rialzo più o meno sensibile fino al 2019, prima di assistere ad un ulteriore ribasso culminato nel 2020 da cui poi i numeri hanno ripreso a salire costantemente in maniera piuttosto spiccata a prescindere dal settore.
Soffermandosi sul solo 2022, i settori più impattati dal fenomeno della bancarotta sono quello formato dalla coppia Trasporti e Stoccaggio (162), seguito da Alloggi e Ristorazione (139) che insieme ad Educazione ed affini (108) risultano le tre categorie sopra quota 100 (anche in questo caso riferite al valore del 2015).
Come appare evidente osservando i grafici a maggiore profondità temporale, pur avendo già constatato che la tendenza dei settori è sicuramente uniforme, i valori assoluti sono piuttosto eterogenei anche se il gap che separa primo ed ultimo rappresentanti della lista sta crescendo negli ultimi a vista d’occhio.
Se nei primi anni delle rilevazioni tutti le “industry” erano distanziate di qualche decina di punti, il divario registrato già nel 2019 (escursione di quasi 40 punti) non è nulla se paragonato a quello dello scorso anno, come dimostrano gli oltre 90 punti che dividono Trasporti e Stoccaggio dal settore industriale (70).
Più in generale i due settori più colpiti nel 2022 sono nella “zona rossa” da diverso tempo, con Trasporti e Stoccaggio già in bilico dal 2017, ma il dato che cattura maggiormente l’attenzione è senza dubbio il colore rosso che nell’ultimo trimestre è stato associato a ben cinque dei nove settori esaminati, segnale dell’innalzamento complessivo dell’indice di bancarotta riscontrabile appunto sia da questo punto di vista che da quello delle singole nazioni dell’Unione Europea.