Anno 2022. Nella fascia di età 25-54 anni se c’è un figlio minore in famiglia, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà. Se i bambini sono due il tasso di occupazione femminile scende al 56%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più, il 90,8%). Nel 2021, delle 52.436 dimissioni totali, il 71%, cioè 37.662, hanno riguardato madri, una percentuale che arriva all’81% tra i giovani fino a 29 anni. Tra gli uomini il 78% delle dimissioni è legato al passaggio ad altra azienda e solo il 3% alla difficoltà di conciliazione tra lavoro e attività di cura, mentre per le donne questa difficoltà rappresenta complessivamente il 65,5% del totale delle motivazioni.
In una indagine realizzata da Ipsos per Save the Children e contenuta nel rapporto “Le Equilibriste” pubblicato a maggio 2023, le di bambini con meno di 2 anni raccontano un chiaro vissuto di solitudine e fatica, dall’evento del parto alla ricerca di un nuovo equilibrio nella vita familiare e lavorativa.
Cinque ore contro meno di due
Sempre stando alla rilevazione di Save the Children, cinque ore e 5 minuti al giorno è il tempo dedicato dalle donne in Italia al lavoro non retribuito di cura domestica e della famiglia, contro un’ora e 48 minuti degli uomini. Il 74% del carico grava quindi sulle donne, e anche quando contribuiscono al reddito e al lavoro tanto quanto gli uomini, dedicano alla cura 2,8 ore in più di loro, che salgono a 4,2 quando ci sono i figli. Si intravede tuttavia che piano piano qualcosa sta cambiando. Sebbene i congedi di paternità siano ancora pochi in proporzione a quelli femminili, è in crescita il numero dei padri che ne usufruiscono. In dieci anni dal 2013 al 2021 i congedi di paternità sono quadruplicati raggiungendo quota 155.845 nel 2021, contro i 50.500 del 2013, per un tasso di utilizzo che è passato dal 19,23% al 57,6%.
Come sono cresciuti i neogenitori di oggi
Il modello che i neogenitori hanno vissuto in prima persona è stato profondamente sbilanciato. Erano le mamme a prendersi cura di loro, così come a supportare durante i compiti e a giocare. Sebbene in alcuni paesi i padri fossero molto presenti, in media il gap era evidente. Complice chiaramente la scarsa occupazione femminile: poco più del 40% delle mamme nell’anno 2000 era occupata.
Lo mostrano alcuni dati OCSE, appartenenti alla serie OECD Child Well-Being Data Portal, che mappano per ogni paese OCSE il tempo dedicato alla cura fisica e alla supervisione del bambino, ma anche all’insegnamento, alla lettura e al gioco, in termini di minuti al giorno, fra i padri e le madri. Per ogni paese OCSE ha preso il dato più recente disponibile, dal 2000 al 2010, appunto quando stavano crescendo i neo genitori di oggi. Per l’Italia il dato più recente di questo tipo è del 2008.
I padri italiani giocavano con i figli, circa 45 minuti al giorno, grosso modo come le madri. Nella cura il gap che emerge è impietoso: per l’Italia si trattava di 131 minuti al giorno spesi dalle donne per bambini da 0 a 6 anni, contro i 47 minuti spesi dagli uomini. Dai 7 ai 17 anni l’impegno è molto minore e si allinea fra i sessi, intorno ai 10 minuti in media. Combinando questi dati viene da pensare che forse le donne hanno avuto meno tempo di dedicarsi al gioco proprio per il gran lavoro di cura, che si somma a quello per la gestione della casa e dell’eventuale professione.
Esistono dei dati statistici forniti dalle indagini Uso del tempo di Istat, i più recenti dei quali sono stati resi noti nel 2019 nel volume I tempi della vita quotidiana e risalgono al 2014. Il 16,7% della popolazione ha svolto almeno un’attività di cura rivolta a bambini conviventi, dedicandovi 107 minuti al giorno. In questa particolare porzione del lavoro familiare le differenze di genere, pur ancora nettamente evidenti, sono un po’ meno pronunciate rispetto a quelle viste per il lavoro domestico: gli uomini coinvolti nel lavoro di cura sono il 13% contro il 20,2% delle donne e i tempi sono di 84 minuti giornalieri contro 121 minuti. Con l’arrivo dei figli le cose cambiano: il 46,8% dei padri è coinvolto in attività di cura di figli minori contro il 73% delle madri.
Le bambine sparecchiano e i bambini no?
La trasmissione intergenerazionale dei ruoli di genere è uno dei fattori più importanti da considerare per delineare le prospettive future di cambiamento. Analizzando sia i tempi che i tassi di partecipazione dei bambini più piccoli emerge come i lavoretti domestici (mettere a posto i propri giochi, apparecchiare o sparecchiare la tavola, ecc.) siano svolti indifferentemente da bambine e bambini. A partire dagli 11 anni di età però, i comportamenti dei ragazzi si differenziano nettamente da quelli delle ragazze con circa un quarto d’ora in più al giorno di lavoro domestico per le ragazze, per ben 19 punti percentuali di differenza rispetto ai maschi. Inoltre, appartenere a un nucleo con entrambi i genitori rende più partecipi alle attività domestiche i bambini fino a 13 anni, plausibilmente quelli che le svolgono ancora più come gioco che per effettiva necessità, mentre a partire dai 14 anni i figli di genitori soli si trovano investiti di maggiore responsabilità nello svolgimento di compiti familiar. Per questi ragazzi si riduce anche la differenza di genere rispetto ai figli che vivono con entrambi i genitori: tra 14 e 18 anni il 53,6% dei figli maschi di genitori soli svolge una qualche attività di lavoro familiare contro il 35,4 % dei coetanei figli di genitori in coppia. Inoltre la differenza di genere nei tassi di partecipazione nel primo caso è di 11,7 punti percentuali contro i 21,7 che separano le figlie dai figli di genitori in coppia. Tendenze che si confermano anche tra i figli maggiorenni.