Nel mondo ci sono 193 nazioni, in oltre la metà delle quali vi sono episodi di violenza legata alla religione, contro singoli o gruppi religiosi, la maggior parte dei quali in Europa. Parliamo di lapidi rovesciate nei cimiteri ebraici, finestre rotte nelle moschee, incendi appiccati nelle chiese e altri tipi di vandalismo nei luoghi religiosi. Sono i dati del monitoraggio condotto dal centro di ricerca statunitense Pew Research, che considera il numero di paesi in cui è stato segnalato in modo affidabile almeno un attacco durante l’anno, utilizzando circa 20 fonti pubblicamente disponibili, tra cui i rapporti annuali del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale. Gli attacchi contro la proprietà inclusi in questa analisi annoverano le irruzioni, i sequestri e i casi irrisolti di restituzione di beni confiscati, mentre non sono inclusi gli attacchi da parte di gruppi terroristici.
L’Europa ha avuto la quota più alta di paesi con attacchi alla proprietà legati alla religione nel 2020. Dei 45 paesi europei analizzati, ben 34 (cioè il 76%) hanno registrato almeno un episodio di danneggiamento o confisca della proprietà. Se consideriamo gli attacchi vandalici, hanno coinvolto 15 paesi nelle americhe, 27 in Asia, 34 in Europa, 12 in Medio Oriente e 14 in Africa Sub-Sahariana. Le aggressioni fisiche sono avvenute in 12 paesi nelle americhe, in 19 stati in Asia, in 17 in Europa e in Africa Sub-Sahariana, Medio Oriente e nord Africa in 14 paesi. L’Europa conta invece pochissimi paesi dove si sono registrate detenzioni per motivi religiosi (4), omicidi o necessità di fuga per ragioni legate alla religione. Le detenzioni per esempio, si sono registrate in 10 paesi del continente americano, in 28 paesi asiatici, in 4 europei appunto, in 14 del Medio Oriente e Nord Africa, in 23 stati in Africa Subsahariana.
È chiaro che contare il numero di paesi non tiene conto della dimensione degli stessi, ma è un indicatore di quanto alcuni tipi di episodi siano diffusi in contesti con storia, sistemi politici e dinamiche diversi.
Pew Research classifica gli episodi vandalici in due categorie a seconda che l’autore sia un attore governativo (incluso qualsiasi singolo funzionario governativo) o un privato (inclusi gruppi o individui che agiscono da soli). Ebbene, nel 2020 i gruppi sociali sono stati gli autori di attacchi legati alla religione alle proprietà in 81 paesi e territori, mentre i governi sono stati gli autori degli atti vandalici in 56 paesi del mondo, cioè oltre uno su quattro.
Qualche esempio citato nel rapporto di Pet Research. Nel 2020 in diverse città italiane, sono stati diffusi graffiti e manifesti antisemiti dopo la Giornata internazionale della memoria dell’Olocausto; in molti paesi europei, gruppi religiosi hanno chiesto ai governi di restituire proprietà confiscate nei decenni passati, in alcuni casi addirittura risalenti al periodo dell’Olocausto o del regime comunista. Molti casi di vandalismo in Europa ruotano oggi intorno alla simbologia nazista. In Serbia, alcune persone hanno aggiunto con lo spray una frase nazista che faceva riferimento alla deportazione e all’uccisione di ebrei durante l’Olocausto su di un cartellone pubblicitario che raffigurava una sinagoga. In un cimitero ebraico in Moldavia, 82 tombe sono state deturpate con simboli nazisti. I cimiteri ebraici sono stati vandalizzati anche in Bulgaria, Finlandia, Francia, Germania, Grecia e Ungheria. Moschee sono state vandalizzate nel 2020 in Francia e Germania.
Negli Stati Uniti, l’FBI ha segnalato più di 800 incidenti contro proprietà religiose, che hanno colpito ebrei, cattolici, protestanti, musulmani, mormoni, testimoni di Geova, ortodossi orientali, buddisti, indù, sikh, e atei. Nel resto delle Americhe, ben 15 paesi su 35 (il 43%) hanno avuto episodi di vandalismo. A Cuba, le autorità hanno demolito una chiesa battista che ritenevano non autorizzata e hanno raso al suolo un’altra chiesa affiliata a un pastore che era in contrasto con il governo. Privati hanno vandalizzato un cimitero ebraico in Argentina e deturpato una sinagoga e dei templi buddisti in Canada.
Un’altra analisi, pubblicata a novembre 2022, aveva provato a misurare invece in che modo le restrizioni COVID-19 avevano influenzato i gruppi religiosi in tutto il mondo nell’annus terribilis 2020. Ciò che è emerso è che le autorità in quasi un quarto di tutti i paesi e territori studiati (46 su 198, ovvero il 23%) avevano utilizzato mezzi fisici, come arresti e pene detentive, per far rispettare le restrizioni legate al coronavirus sui servizi di culto e altri raduni religiosi. I gruppi religiosi hanno intentato causa o si sono pronunciati contro le misure di salute pubblica in 54 dei 198 paesi (il 27% del totale), mentre in 69 paesi e territori (il 35%), uno o più gruppi religiosi hanno sfidato le norme di sanità pubblica relative alla pandemia.