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Ma è ancora vero che nei comuni capoluogo ci sono più laureati e c’è più lavoro che nei comuni periferici?

Nei 14 comuni capoluogo delle aree metropolitane i livelli di istruzione sono mediamente più alti, e i tassi occupazionali pure, anche quelli femminili, rispetto ai comuni che gravitano intorno a questi grandi centri. Facile intuizione, viene da dire. Ma quanto più alti?

Nei mesi scorsi Istat ha pubblicato una nota che mappa fra le altre cose la distribuzione dei residenti nelle fasce dei comuni metropolitani per titolo di studio e situazione occupazionale: dal comune metropolitano ai comuni di I e II cintura, fino alle zone più periferiche dell’area metropolitana. Normalmente questo dato non viene fornito con un livello così fine di dettaglio. Si hanno quasi sempre informazioni di questo tipo a livello regionale o al più comunale senza distinguere dove si localizza un comune rispetto al capoluogo.

 

Questi dati sono sempre più rilevanti in un contesto come quello italiano che ha visto crescere la popolazione delle aree urbane a scapito della provincia, su cui si investe sempre meno in termini di servizi. È un cane che si morde la coda. In vent’anni, dal 2001 al 2021, la popolazione residente nelle 14 più grandi aree metropolitane italiane è cresciuta del 3,8%, che significa che un residente in Italia su tre – 21.340.974 persone – oggi vive nei dintorni di una grande città, e quasi la metà di loro (43,2%) vive in uno dei 14 comuni capoluogo, per una densità complessiva di 2.552 abitanti per km2 .Il 14% dei “cittadini” vive in uno dei 177 comuni nelle prime cinture, il 18,1% in uno dei 213 comuni nelle seconde cinture e il 24% in uno dei 864 comuni nel restante territorio metropolitano.

Le città metropolitane di Milano, Bologna e Roma vantano la quota più alta di titoli di studio terziari, che oscilla fra il 29% e il 31% mentre le città metropolitane con l’incidenza minore sono Catania, Palermo e Napoli con valori fra loro molto vicini pari al 18% della popolazione.
Eppure il gap fra centro. Ma non tutte le aree metropolitane vivono le stesse dinamiche urbane e demografiche, anzi.

I diplomati oramai si distribuiscono egualmente, i laureati no

Tornando ai livelli di istruzione, tra i residenti di età 25-64 anni delle città metropolitane, ci sono centri i cui comuni limitrofi presentano comunque buoni tassi di istruzione, mentre altre – specie al Sud – dove anche chi vive nei comuni di prima cintura continua a non presentare livelli di istruzione elevata.
Nel complesso 43 persone su 100 sono in possesso del diploma di scuola secondaria di II grado e 24 ogni 100 hanno un titolo di studio terziario di I, II oppure III livello. e periferie in termini di istruzione terziaria è ancora evidente.

Sempre considerando la fascia di età 25-64 anni, nei comuni capoluogo ha un titolo terziario il 31% dei residenti, nelle cosiddette prime cinture urbane il 20%, mentre nelle seconde cinture ci si assesta al 18% di laureati. Le città con più persone laureate nei comuni delle prime cinture sono Bologna, Milano e Firenze. Dal lato opposto troviamo Palermo con un 12,9% di abitanti laureati. Venezia e Napoli si attestano su valori intorno al 17%. Quote simili si osservano anche con riferimento alle seconde cinture urbane in cui, in testa alla graduatoria oltre a Milano e Bologna si aggiunge Genova con 20 residenti su 100 in possesso di titoli terziari.
Analizzando la popolazione in possesso di almeno di un titolo secondario (si intende qui la somma dei soli titoli secondari e dei titoli terziari), le città metropolitane e i capoluoghi più svantaggiati continuano a essere Palermo, Napoli e Catania in cui l’incidenza di coloro che hanno almeno il diploma oscilla fra i 55 e i 58 residenti ogni 100 persone della stessa età. Forse perché tanti ragazzi originari del Meridione si è spostata per studiare o lavorare e oggi risiede al nord. Per quanto riguarda le prime e le seconde cinture urbane le maggiori fragilità nel raggiungimento dei più elevati percorsi formativi si rilevano a Palermo e Napoli, con l’aggiunta dei comuni della seconda cintura di Cagliari e di Catania.

Maggiore occupazione, anche femminile

Nei 14 comuni capoluogo il tasso occupazionale è maggiore, anche fra le donne, e in tutte le città i tassi di attività sono in crescita sul 2011. Nel 2019, dato più recente riportato da Istat a questo livello di dettaglio comunale – risultava occupata poco più del 66% della popolazione (il 44% delle donne), mentre man mano che ci si allontana dal centro del territorio metropolitano si manifesta la progressiva riduzione dei tassi di occupazione, che in media sono pari al 65% nella prima cintura e al 62% nella seconda cintura. La quota di popolazione attiva aumenta se si circoscrive l’osservazione alla popolazione adulta, ovvero alla popolazione di età compresa fra i 25 e i 64 anni che, per le 14 città metropolitane, si attesta intorno al 75%. I residenti nei capoluoghi di questa fascia di età partecipano al mercato del lavoro in misura leggermente maggiore rispetto alle altre aree sub metropolitane: 77 persone ogni 100 contro le 75 su 100 delle prime cinture urbane e di quasi 73 su 100 delle seconde cinture.
Anche qui, dipende dalla città. Fra le città metropolitane il tasso di attività più alto si osserva a Milano e Bologna con un’incidenza del 57%, seguite da Firenze con il 55%. Sono invece Palermo, Napoli e Reggio Calabria i territori metropolitani in cui si rileva la minore partecipazione attiva al mercato del lavoro, con valori fra il 46% e il 47%.
L’analisi all’interno del territorio metropolitano evidenzia anche per le donne una maggiore partecipazione al mercato del lavoro nei comuni capoluogo, con divari significativi rispetto alle aree meno urbanizzate, soprattutto nelle seconde cinture. Fanno eccezione la prima e seconda cintura della città metropolitana di Torino e la prima corona di Bologna, Firenze e Catania che, al contrario, registrano valori del tasso di attività femminili 25-64 anni leggermente superiori o in linea con quelli del comune capoluogo.

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