Certo, classificare quale sia il miglior Paese al mondo, non è un’impresa facile. Ci prova il U.S. News and World Report che attribuisce il punteggio massimo del suo studio alla Svizzera, sul gradino più alto del podio per il secondo anno consecutivo (e per la sesta volta dal 2016). Il Paese elvetico è seguito in classifica dal Canada e dalla Svezia. Inoltre, in generale, sono solitamente le nazioni europee ad aggiudicarsi le prime 25 posizioni (nella classifica del 2023, 16 appartengono al vecchio continente).
Ma come viene strutturata la classifica? Il modello utilizzato per assegnare un punteggio e classificare i Paesi è stato sviluppato dalla WPP (una multinazionale dei servizi di marketing) e dal suo strumento di analisi del marchio BAV, di proprietà della Wharton School dell’Università della Pennsylvania. Nel modello sono stati identificati 73 attributi che identifichino la rilevanza di un Paese nel panorama geopolitico. Gli attributi sono stati raggruppati in 10 categorie. Tra queste troviamo: l’influenza culturale, l’imprenditorialità, apertura agli affari, il suo potere nell’attuale quadro politico, la qualità della vita, e così via. I vari attributi e le nazioni sono stati presentati in un sondaggio condotto su un campione di 17 mila persone proveniente da ben 36 Paesi. I partecipanti hanno valutato se associavano un particolare attributo a una nazione, più erano gli attributi riferiti ad un Paese, maggiore era il suo punteggio finale.
Ovviamente, con una modalità di valutazione simile, fa tanto anche il momento storico che sta vivendo il Paese analizzato. Per esempio, l’avversione globale per l’allora presidente Donald Trump, è stata citata come una delle massime ragioni per cui gli Stati Uniti sono andati male nelle classifiche dal 2017 al 2020. O ancora, il Regno Unito, dalla Brexit in poi, ha registrato un calo progressivo nelle classifiche che ad oggi non si è ancora bloccato. Altre faccende degne di nota, poi, possono essere quelle relative alla Germania e al Giappone. La prima, infatti, ha perso punti per “l’agilità”, il che significa che molti intervistati non la considerano moderna, reattiva e progressista. Va male anche l’attributo relativo ai “movers”, il che significa che meno persone la considerano unica e dinamica. Il Paese, per questo, è sceso di cinque posizioni rispetto al 2022. Il Giappone, invece, ha faticato nelle categorie relative all’imprenditorialità, all’apertura agli affari e al potere e scopo sociale.
E l’Italia? Il nostro Paese si trova al 15esimo posto nella classifica del 2023, prima di Singapore e Spagna. Il punteggio inferiore nelle categorie l’abbiamo ottenuto nell’apertura agli affari. Inoltre, nell’analisi della penisola, sono stati inseriti i maggiori focus dello studio, che sono: la tendenza populista nella politica istituzionale degli ultimi anni, l’allarme dell’inverno demografico e l’intensificazione dell’immigrazione. Ciò che, invece, ci pone come primi nelle classifiche delle singole categorie, è l’influenza culturale e relativo patrimonio. Tutte cose che però – bisogna dirlo – appartengono alla grande eredità storica del nostro Paese. La storia moderna, evidentemente, le fa da contraltare. Nostro malgrado.
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