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cronaca

In 50 anni in Italia abbiamo eliminato la rosolia. Ma il rischio di ammalarci resta

In Italia il vaccino antirosolia venne introdotto 50 anni fa, nel 1972. Cinquant’anni dopo, alla fine del 2022, il nostro paese si dichiara finalmente libero dalla rosolia, quella che in inglese si chiama Rubella, e che può dare grossi problemi se contratta nelle prime settimane di gravidanza: difetti congeniti multipli oppure morte fetale. Dal gennaio 2005 al febbraio 2018 in Italia sono stati segnalati 173 casi di rosolia in gravidanza e 88 casi di rosolia congenita. Non esistono dati di notifica relativi alla rosolia congenita tra il 1991 e il 2004, poiché la notifica obbligatoria della rosolia congenita e delle infezioni rubeoliche in gravidanza è attiva dal 2004.

L’annuncio dell’eliminazione della rosolia è stato dato il 3 luglio scorso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in occasione della pubblicazione del report dell’11simo meeting dell’European Regional Verification Commission (RVC) for Measles and Rubella Elimination (Commissione di verifica regionale dell’OMS per l’eliminazione del morbillo e della rosolia nella Regione europea). La rosolia diventa quindi la terza malattia eliminata dal nostro Paese grazie alla vaccinazione, dopo il vaiolo (che è stato eradicato in tutto il mondo nel 1980) e la poliomielite (eliminata dalla Regione europea dell’OMS vent’anni fa, nel 2002). Il motivo per il quale nonostante siano state eliminate in Italia polio e rosolia, si continuerà a vaccinare i nuovi nati, a differenza del vaiolo contro il quale non si è più vaccinato, è appunto il fatto che queste malattie sono ancora endemiche, diffuse, in grossa parte del mondo.
Si parla infatti di fine della trasmissione endemica della rosolia, ossia della possibilità di contagiarsi entrando in contatto con un altro individuo, ma rimane il fatto che un non vaccinato può comunque contagiarsi se si reca in un paese dove la malattia è endemica oppure da una persona contagiata in altro paese con cui entra in contatto in Italia.

 

Insomma: la rosolia è stata eliminata, ma non il rischio di contrarla.

Secondo i dati del Global Health Observatory dell’OMS, in Italia non ci sono stati casi di Rosolia nel 2022, mentre in altri paesi come l’Afghanistan, il Bangladesh, il Pakistan, l’India e l’Indonesia siamo ancora a livelli molto alti con rispettivamente 803 casi riportati, 171, 215, 210 e 173 casi.
In Europa i casi di rosolia sono da anni residuali, ma la pandemia ha abbassato in molti stati – in particolare nei Balcani – le coperture vaccinali dei nuovi nati. Sulla base di tutte le informazioni comunicate all’Ufficio regionale europeo dell’OMS, la copertura in alcuni paesi è sceso al di sotto dell’80% o addirittura al di sotto del 20%. Dati preliminari indicano la presenza di segmenti di popolazione con valori subottimali copertura vaccinale in ogni paese, a seguito di mancata o ritardata vaccinazione.

Copertura vaccinale per la rosolia: Basilicata e Abruzzo maglia nera

La copertura vaccinale anti rosolia In Italia è attiva dal 1972 ma ha visto un boom a partire dagli anni 90, con l’introduzione dei vaccini Morbillo-Parotite-Rosolia (MPR). Attualmente il calendario vaccinale nazionale prevede la vaccinazione obbligatoria con due dosi di vaccino MPR: la prima dose all’età di 12-15 mesi e la seconda dose a 5-6 anni. I dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità risalgono al 2020: la copertura pediatrica per la rosolia varia molto da regione a regione, con un gap anche dal 43% della Basilicata e dal 62% dell’Abruzzo, a coperture ben oltre il 90% dei nati nel 2018 in tutto il centro nord, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna. Nel complesso dal 2013 a oggi si è rimasti più o meno stabili a livello nazionale, con una copertura intorno al 90%.

Nel 2018 la copertura vaccinale nazionale per la rosolia nella coorte 2016 era pari a 93,2%, con all’estremo superiore di copertura la Toscana (95%) e all’estremo inferiore la Provincia Autonoma di Bolzano (70,8%). Sempre nel 2018, la copertura a 18 anni (coorte 2000) era pari a 88,4% per la prima dose e 82,2% per la seconda.

Cosa comporta la Rosolia in gravidanza

La rosolia è una malattia virale, causata da un virus a Rna del genere Rubivirus, della famiglia dei Togaviridae e che si trasmette per via aerea, come SARS-CoV-2. Si manifesta con un’eruzione cutanea che ricorda quella del morbillo o della scarlattina e non dà particolari problemi ai bambini, mentre negli adulti è correlata all’insorgenza di artriti, specie nelle donne. Molto grave invece se la rosolia viene contratta in gravidanza, dove provoca aborto spontaneo, morte intrauterina del feto, ma anche a gravi anomalie congenite in nati vivi. Per questo i medici consigliano di verificare il proprio stato vaccinale prima di intraprendere una gravidanza. Se l’infezione avviene poco prima del concepimento o nelle prime 8-10 settimane di gestazione, il rischio stimato di conseguenze al feto è altissimo, il 90%. Se l’infezione è contratta dopo la ventesima settimana, intorno al quinto mese, le malformazioni sono molto rare.
Una persona infettata dal virus della rosolia è contagiosa da 7 giorni prima a 7 giorni dopo la comparsa dell’esantema. Il periodo di incubazione della rosolia dura 2-3 settmane e presenta sintomi generici come febbre, malessere, lieve congiuntivite, esantema maculopapulare e ingrossamento dei linfonodi.

Il problema è che grossa parte dei contagiati 50% dei casi non sviluppa alcun sintomo per cui è possibile essere esposti all’infezione senza saperlo.