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finanza

Le importazioni di terre rare nell’Ue hanno raggiunto le 18mila tonnellate. Ecco da chi dipendiamo

Dalla dipendenza energetica dalla Russia a quella per la transizione energetica dalla Cina. Anche nel suo obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti, l’Europa fatica ad essere autosufficiente, circostanza che ha delle conseguenze anche sul piano geopolitico. La conferma arriva da Eurostat, l’istituto europeo di statistica che ha pubblicato i dati relativi all’import-export delle terre rare. Ovvero quei materiali necessari per la fabbricazione delle batterie che alimentano, tra gli altri, i veicoli Bev. Cioè gli unici, stante la tecnologia attuale, che potranno essere venduti dal 2035.

Secondo l’ente con sede in Lussemburgo, nel 2022 le importazioni di terre rare nell’Ue hanno raggiunto le 18mila tonnellate, con una crescita del 9% rispetto all’anno precedente. In calo, invece, le esportazioni, che con 7mila tonnellate hanno segnato una riduzione dell’8% rispetto al 2021. Una disparità a livello quantitativo che si annulla a livello economico: le esportazioni hanno pesato per 146 milioni di euro (+37% rispetto al 2021), mentre le importazioni per 142 milioni (+2%), lasciando la bilancia commerciale in un posizione tutto sommato di equilibrio.

Per quanto riguarda le nazioni che vendono terre rare all’Europa, il ruolo di primo piano è appannaggio della Cina. Realtà che, come si vede dal grafico che apre questo pezzo, è il primo partner commerciale dell’Unione: da qui lo scorso anno sono arrivate 7mila tonnellate di terre rare, pari al 40,35% del totale. Seguono la Malaysia con 5,6 migliaia di tonnellate (30,55%) e la Russia con 4,5 migliaia (24,54%).