La scadenza era fissata per il marzo del 2045. Quella la data in cui l’aumento della temperatura media rispetto al periodo preindustriale avrebbe raggiunto gli 1,5°C. Ovvero la soglia entro la quale i paesi del mondo si sarebbero sforzati di contenere l’incrementi. O almeno, così era scritto negli accordi di Parigi, firmati nel 2015. Le emissioni di gas climalteranti degli ultimi anni, che hanno il poco invidiabile primato di rientrare tutti nella classifica dei più caldi da quando si registrano le temperature, hanno portato a rivedere i modelli. E il risultato è che questo aumento di un grado e mezzo si raggiungerà nel febbraio del 2034.
Otto anni trascorsi dagli accordi parigini più undici di anticipo dovuti agli aumenti delle emissioni globali: ecco come Copernicus, agenzia europea che si occupa di studiare i cambiamenti del clima, è arrivata ad affermare che nell’affrontare la crisi climatica abbiamo perso 19 anni. La situazione è rappresentata nel grafico che apre questo pezzo: facendo scorrere la tendina si nota come il modello elaborato nel 2015, quello che fissava la scadenza al 2045, non sia più valido nel 2023. E come la previsione di raggiungimento degli 1,5°C in più rispetto all’era preindustriale sia da anticipare al 2034.
Ad oggi, mentre si concludono i lavori della Cop28 di Dubai e anche l’anno più caldo di sempre si avvia verso la fine, l’aumento della temperatura media rispetto all’era preindustriale ha raggiunto gli 1,25°C. Ci restano 11 anni prima che arrivi agli 1,5°C. Sempre che nei prossimi anni la situazione non vada peggiorando.