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finanza

A proposito di disparità salariale e ore lavorate: come vanno le cose nei Paesi più ricchi?

 Grazie ai dati dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) è possibile tracciare il grafico delle ore lavorative e dei salari medi settimanali. Ed è grazie questi numeri che noi di Info Data – con riferimento alle statistiche del 2022 – abbiamo voluto approfondire il tema delle disparità salariali in funzione delle ore lavorate.

Nei grafici che seguono, per ogni paese, sono state riportate le medie per quel che riguarda le ore settimanali lavorate (Avg. Weekly Hours) e la paga oraria (Avg. Hourly Rate) espressa in dollari americani che vanno a determinare il salario medio settimanale utilizzato per ordinare le 38 nazioni appartenenti all’OECD.
Per aiutare la leggibilità dei numeri, ogni metrica è guidata da un gradiente semaforico che vira dal rosso per le condizioni meno favorevoli (alto numero di ore lavorate o bassa retribuzione oraria) fino ad arrivare al verde per quelle più auspicabili (minor impegno lavorativo in ore o paga base maggiore).

 

La situazione che emerge grazie ai dati messi a disposizione è caratterizzata da una sostanziale disparità su tutti e due i driver analizzati che, conseguentemente, si propaga poi come risultato finale nello stipendio medio settimanale che vede prima ed ultima nazione esaminate separate da un fattore cinque; ma andiamo con ordine.

Partendo dal numero di ore lavorate mediamente durante la settimana, gli estremi della graduatoria sono composti da Germania (25,8), Danimarca (26,4), Norvegia (27,4) e Paesi Bassi (27,4) in cui la soglia di lavoro non supera le 27,5 ore, mentre sul fronte opposto si trova in primis Messico (42,8) come unico paese in cui si sfora la quota standard delle 40 ore settimanali, seguito poi da Cile (37,8), Korea del sud (36,6), Israele (36,4) e Grecia (36,3).

Per quanto riguarda la paga oraria invece, pur rispettando alcune analogie con il tempo lavorativo speso su base settimanale, ci sono alcuni attori diversi, partendo dall’Islanda che guida la classifica in fatto di remunerazione con 54,8 dollari per ora, valore superiore di oltre un dollaro e mezzo rispetto al Lussemburgo secondo in graduatoria con 53,2 rendendole le uniche due realtà in cui i lavoratori sono ricompensati con oltre cinquanta dollari.

Se poi ci sono anche alcuni paesi nella fascia 40-50 dollari come Svizzera (47,8), Danimarca (46,8), Paesi Bassi (44,3), Austria (44,2), Stati Uniti (42,8) e Belgio (42,5), volendo trovare gli estremi in senso opposto si ritorna sempre nel già citato Messico in cui viene corrisposto mediamente un salario orario pari ad appena 7,5 dollari, “salendo” poi 13,8 della Grecia a cui si aggiungono Repubblica Slovacca (16,2), Ungheria (16,8), Cile (16,8), Repubblica Ceca (19,1), Portogallo (19,5) ed Estonia (19,6) come i soli casi inferiori alla quota dei venti dollari orari.

L’Italia si colloca circa verso la metà di entrambe le classifiche con 32,6 ore settimanali lavorate, andando a percepire mediamente 26,5 dollari all’ora, con una situazione leggermente più favorevole rispetto ai valori complessivi in fatto di orari (tono verde chiaro) che fa da contro altare ad una paga oraria lievemente sotto gli standard OECD (tono arancio chiaro).

La combinazione di queste due metriche si traduce in un salario settimanale medio che per il nostro paese si attesta sugli 863 dollari e “ci” fa comparire tra le prime posizioni… della seconda metà nell’elenco OECD, e comunque abbondantemente sotto lo spartiacque dei mille dollari per settimana.

In cima alla lista guida l’Islanda con 1528 dollari, seguita da Lussemburgo (1506), Stati Uniti (1490) e Svizzera (1404), formando una quartetto che stacca i paesi successivi di oltre 150 dollari, mentre le poco edificanti realtà a basso salario sono capitante da un tutt’altro che insospettabile Messico in cui il corrispettivo economico per una settimana di lavoro è di poco superiore ai 320 dollari, distanziando le nazioni poco sopra di circa 180 dollari come Grecia (500), Repubblica Slovacca (505) e Ungheria (548).

Considerando queste divergenze nei salari e nel numero di ore lavorate tra i paesi OECD appare evidente come alla base di questi numeri ci siano differenze culturali, economiche ed anche politiche che si ripercuotono direttamente sulle pratiche occupazionali, tema che – come detto – dovrebbe appunto essere centrale in quanto elemento fondante della collaborazione tra i paesi membri per condividere le migliori pratiche e favorire un approccio più uniforme verso il lavoro dignitoso e il giusto compenso in tutto il mondo.