Se si cercano in rete notizie sull’intelligenza artificiale applicata alla medicina si trova moltissimo, in particolare in lingua inglese. A febbraio 2023 le applicazioni di AI approvate dalla Food and Drug Administration statunitense erano oltre 500; il 19 ottobre dello stesso anno erano già quasi 700.
Non è per nulla facile tuttavia capire dove passa la linea di demarcazione fra ciò che potrebbe rivoluzionare il settore e ciò che lo sta davvero rivoluzionando Quanto potrebbe stravolgere davvero già nei prossimi anni la quotidianità della professione del medico?
La risposta è che qualcosa sta già cambiando ma molto meno di quanto immaginiamo abbeverandoci semplicemente alla fonte dei motori di ricerca. Non stiamo andando nella direzione di dottori robotici o situazioni di questo tipo, ma semmai di una sempre maggiore integrazione dei sistemi di machine learning in alcune specifiche professioni, come quella del radiologo. Il motivo di fondo è che nonostante i sistemi immessi sul mercato siano in forte crescita la ricerca scientifica seria condotta su questi sistemi non è poi molta. L’EMA (Agenzia Europea del Farmaco) è molto attenta nel validare sistemi di IA come Dispositivi Medici (DM), perché in genere mancano le prove di sicurezza ed efficacia previste dalle regole che si è data. La maggior parte delle ricerche scientifiche condotte in questo ambito sono infatti disegnate in maniera superficiale dal punto di vista metodologico
Abbiamo fatto una chiacchierata con Eugenio Santoro, Direttore dell’Unità di Ricerca in sanità digitale e terapie digitali dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, uno dei massimi esperti in Italia che monitora queste dinamiche.
Le 5 aree dell’IA in medicina
La prima area medica nella quale trovano applicazione sistemi di IA è la diagnostica, in particolare la radiologia e l’istologia” spiega Santoro. “Parliamo di tutti gli strumenti in ambito oncologico per individuare ad esempio il tumore alla prostata sulla base di esami istologici o per individuare eventuali tumori polmonari.” Ci sono sistemi di machine learning che permettono di avere un “occhio” almeno pari a quello di un grande radiologo d’esperienza, perché riescono a immagazzinare moltissime informazioni da moltissimi referti e a “imparare” come meglio leggere un esame.
In secondo luogo vi è la parte predittiva, su cui si sta lavorando molto ad esempio in ambito cardio-vascolare e oncologico. Sistemi che riescono a identificare uno scompenso cardiaco da un elettrocardiogramma con un livello di affidabilità paragonabile agli indici clinici attualmente in uso.
Anche alcuni ospedali italiani hanno iniziato a utilizzare sistemi basati sull’IA per individuare i pazienti a rischio (link articolo Andrea Laghi)
Poi vi sono i sistemi di supporto decisionale che sulla base delle linee guida per le scelte terapeutiche, delle storie cliniche di moltissimi pazienti e di tutta la letteratura scientifica, permettono di applicare la scelta più indicata a ogni caso clinico, personalizzando di fatto la cura. “Anche in Italia per esempio c’è un progetto di AGENAS rivolto ai Medici di Medicina Generale per sviluppare uno strumento di machine learning che possa interagire con il nuovo Fascicolo Sanitario Elettronico e con le cartelle cliniche per individuare casi di pazienti che andrebbero seguiti più attentamente di altri sulla base dei risultati degli esami che il paziente sta eseguendo, sulla sua storia clinica e sulle altre sue caratteristiche” spiega Santoro. “Il medico di base non può umanamente avere sotto controllo ogni giorno ogni singolo step della storia clinica di ogni paziente. Il rischio è non rendersi conto di situazioni particolarmente fragili che andrebbero monitorate più di altre. Questo progetto mira a mettere a punto un sistema automatizzato sofisticato che suggerisca al medico quali sono i pazienti più critici in quel momento”.
Un quarto campo di applicazione dell’IA è quello del drug discovering per identificare le molecole più promettenti fra le tantissime che la medicina già conosce e che vengono utilizzate per altre patologie.
Infine, ci sono tutti i sistemi di chatbot per fornire informazioni mediche sempre più precise e personalizzate, come ChatGPT di cui abbiamo parlato ampiamente anche su Infodata Sistemi che stanno diventando sempre più sofisticati e che attualmente sono al vaglio di gruppi di ricercatori per capire quanto corrette sono le informazioni che forniscono e se – addirittura – si potrebbero utilizzare per mettere a punto corsi di formazione ufficiali per operatori sanitari. (link articolo Zadig).
Pochi studi davvero scientifici sull’IA in medicina
Non è così difficile oggi lanciare un nuovo prodotto di IA sul mercato. È un’area in forte evoluzione dove però gli studi clinici condotti non sempre sono metodologicamente blindati. “La maggior parte degli studi sono retrospettivi e basati su set di dati precedentemente assemblati, mentre pochissimi sono disegnati sul modello delle sperimentazioni cliniche controllate randomizzate per confrontare l’attività dell’IA insieme al medico rispetto ai risultati ottenuti dal medico quando lavora da solo” prosegue Santoro. “Inoltre, molti di questi studi non prevedono una validazione esterna.”
Questo è il motivo per cui in Europa non è semplice per un sistema far accreditare un servizio come Dispositivo Medico (DM). “Nel 2022 è entrato in vigore un nuovo regolamento sui DM che ha reso più difficile rispetto al passato la registrazione di sistemi che non presentino studi con risultati di sicurezza ed efficacia solidi” spiega ancora Santoro. Negli Stati Uniti le procedure di approvazione sono meno rigorose ed esiste un registro ufficiale, che invece in Europa latita. Quella della disponibilità di un registro delle applicazioni di intelligenza artificiale approvate in ambito medico in Italia è una richiesta contenuta anche nelle linee guida italiane sull’uso dei sistemi intelligenza artificiale in ambito diagnostico, pubblicate dal Ministero della Salute, ancora oggi uno dei pochi documenti disponibili in questo settore in Italia prodotti dalle istituzioni.
C’è una grande differenza fra questo ambito e quello medico “classico”: la ricerca scientifica di questo tipo è quasi completamente appannaggio del privato. Negli stati Uniti il pubblico fa molta ricerca scientifica in questo campo: una fetta di ricerca è condotta dalle università con fondi dell’NIH (l’ISS americano). In Europa la situazione è differente: la maggior parte della ricerca tecnologica la svolgono le aziende private. “Io credo sia molto importante che si faccia ricerca anche nel pubblico – conclude Santoro – per garantire maggiore trasparenza e per evitare che l’adozione di certi strumenti venga condotta solo in base all’essere o meno una novità tecnologica. Non è detto che ogni novità sia davvero un progresso. La percezione in questo momento è che IA sia la soluzione a ogni cosa, ma non è così, va semmai dimostrato scientificamente.”
Terza puntata su quattro della nostra inchiesta su Sanità e Ai.
Per approfondire.
Sanità, anche gli ospedali italiani usano l’IA per migliorare le diagnosi. Prima puntata
Al via un progetto per valutare l’intelligenza artificiale generava in medicina – Parte 2