Nove punti al di sotto della media continentale (che riguarda l’Europa geografica e non solo i paesi dell’Unione), 14 in più dell’Ungheria ultima classificata, ma 34 in meno della Danimarca che svetta al primo posto. E questo limitando l’analisi ai soli 27 membri dell’UE: a livello mondiale sono più di 40 i paesi che fanno meglio di noi. Sì, ma a quale gioco? A quello della corruzione, meglio della corruzione percepita, perché è esattamente quest’ultima quella che viene annualmente misurata nell’ambito del Corruption perception index realizzato da Transparency International e alla cui ultima edizione fanno riferimento i numeri citati.
Ovvero un indicatore realizzato a partire da 13 dataset di 12 differenti organizzazioni che misurano la corruzione e che ha un valore che oscilla da zero a cento. Ed è tanto più alto quanto più bassa è la corruzione percepita. Tutto male, quindi, nel nostro paese? Paradossalmente, no. Un paradosso che si spiega guardando all’evoluzione storica di questo indice relativo all’Italia. Eccola:
Ormai 12 anni fa, quando venne calcolato per la prima volta questo indice, l’Italia ottenne appena 42 punti. In questo decennio il punteggio è salito, consolidandosi negli ultimi anni a 56. E proprio questo consolidamento, sostiene il presidente di Transparency International Italia Michele Calleri, «conferma l’Italia nel gruppo dei paesi europei più impegnati sul fronte della trasparenza e del contrasto alla corruzione. Un risultato che è anche frutto dell’applicazione di alcune misure normative adottate in materia di whistleblowing e di appalti pubblici».
Uno sforzo, ha aggiunto, fondamentale anche in un contesto di guerre e forti tensioni internazionali. Questo perché «la corruzione nuoce all’economia e mortifica l’integrità delle persone, in ogni epoca e in ogni contesto. Occorre che la politica e i governi mantengano in cima alla loro agenda i temi della trasparenza e della lotta alla corruzione». In questo senso, spiega Transaprency International Italia nella nota che ha accompagnato la diffusione dei risultati del Corruption perception index 2023, occorre agire su diversi fronti: «dalle carenze normative che regolano il tema del conflitto di interessi nei rapporti tra pubblico e privato, alla mancanza di una disciplina in materia di lobbying ed alla recente sospensione del registro dei titolari effettivi che limita gli sforzi dell’antiriciclaggio».