Questo è l’articolo di appoggio noioso che supporta quanto spiegato sul perché un regime alimentare a bassissimo o nullo apporto di alimenti animali ci fa stare meglio.
Quelli che proponiamo qui sotto sono i dettagli dei risultati delle più ampie e rilevanti metanalisi (o revisioni) pubblicate negli ultimi anni sull’argomento. Una revisione è una valutazione di tutti gli articoli apparsi su un certo argomento per escludere gli studi che presentano troppo elementi problematici dal punto di vista metodologico e valutare quali siano le conclusioni più condivise dalla comunità scientifica. Il valore di una revisione è quindi maggiore di quello di un singolo studio.
Nel 2023 è uscita una meta-metanalisi pubblicata su Critical Reviews in Food Science and Nutrition. In sostanza si è trattato di valutare il metodo delle metanalisi degli ultimi anni, la summa cum laude del fare le pulci ai colleghi.
In sostanza si è cercato di stimare la certezza dell’evidenza (COE) dei vari risultati delle singole metanalisi utilizzando un modello a effetti casuali. Per la popolazione sana in generale, una dieta vegana è risultata efficace nel ridurre il peso corporeo ed è stata associata a ulteriori benefici per la salute: un minor rischio di incidenza del cancro e una tendenza al minor rischio di mortalità per tutte le cause. Sono risultati più bassi anche i livelli di AlpoB (apolipoproteina B) la principale componente proteica del colesterolo “cattivo”. Inoltre, per le persone con diabete o ad alto rischio cardiovascolare, una dieta vegana ha ridotto le misure di adiposità, colesterolo totale, LDL e ha migliorato il controllo glicemico.
I risultati hanno suggerito tuttavia associazioni avverse tra una dieta vegana e il rischio di fratture, che ha fatto concludere ai ricercatori che una dieta vegana può potenzialmente prevenire la salute cardiometabolica, ma può anche compromettere la salute delle ossa, se non ben bilanciata. “Sono necessari studi primari più ben condotti su questo” scrivono.
Vediamo più nel dettaglio le revisioni più significative degli ultimissimi anni.
2023
Nella revisione più recente, tutta italiana, gli autori hanno effettuato una ricerca bibliografica (fino al 31 dicembre 2022) delle evidenze scientifiche sul tema delle malattie vascolari, dell’obesità, della dislipidemia (colesterolo alto), dell’ipertensione (pressione alta), del diabete di tipo 2, della sindrome metabolica, la quale a sua volta presenta un rischio due volte maggiore di sviluppare malattie cardiache e cinque volte maggiore di sviluppare il diabete. Analizzando solo studi di coorte e studi randomizzati e controllati e confrontando l’effetto delle diete vegane e non vegane è risultato che chi si nutriva in modo vegano aveva un rischio inferiore di ipertensione e una pressione sanguigna più bassa e che questi regimi alimentari avevano effetti positivi sul rischio di diabete di tipo 2 o sui parametri plasmatici. I pochi studi di coorte sul rischio di sindrome metabolica hanno riportato risultati contrastanti rilevano gli autori, perché tutto dipende dal quantitativo di grassi. L’alimentazione vegana a basso contenuto di grassi ha portato a una maggiore perdita di peso e a un migliore controllo glicemico rispetto alle diete non vegane e in alcune persone una parziale regressione dell’aterosclerosi coronarica. Nella maggior parte degli studi randomizzati, le diete vegetali hanno ridotto significativamente i livelli di colesterolo cattivo e la pressione arteriosa.
2022
Nel 2022 sullo European Journal of Nutrition è stata pubblicata una metanalisi che ha mostrato che i vegani presentano rischi relativi di malattie ancora più bassi rispetto ai vegetariani, che a loro volta hanno un rischio relativo più basso degli onnivori. Sono stati inclusi tredici studi di coorte per un totale di 844.175 persone esaminate. Il rischio relativo di malattie cardiovascolari per i non vegetariani era più alto rispetto a quello dei vegetariani (attenzione, qui si parla di vegetariani non di vegani!). I vegani hanno presentato rischi ancora più bassi rispetto ai vegetariani.
2018
Nel 2018 un’altra metanalisi pubblicata in Trends in Cardiovascular Medicine aveva rilevato che nonostante l’ampia variazione nelle definizioni di diete a base vegetale in letteratura, le loro associazioni con il rischio cardiovascolare negli studi prospettici di coorte era abbastanza coerente. Anche qui si rilevava però che tutto dipende dal fatto che una dieta sia ben bilanciata. Vi è infatti una certa preoccupazione sull’adeguatezza nutrizionale delle diete vegetariane in particolare delle diete vegane che escludono completamente tutti gli apporti animali.
2017
Fermandoci al 2017, troviamo un’altra importante revisione, anch’essa tutta italiana, che ha fatto scuola, pubblicata su Critical Reviews in Food Science and Nutrition. Lo scopo di questa analisi era chiarire l’associazione tra diete vegetariane e vegane con i fattori di rischio per le malattie croniche, il rischio di mortalità per tutte le cause, l’incidenza e la mortalità per malattie cardio-cerebrovascolari, per cancro (sia nel complesso che per tipo specifico di cancro: colon-retto, seno, prostata e polmone). È emerso un effetto protettivo significativo della dieta vegetariana rispetto all’incidenza e/o alla mortalità per cardiopatia ischemica (-25%) e all’incidenza per cancro totale (-8%). La dieta vegana ha conferito un’ulteriore significativa riduzione del rischio di incidenza di cancro (-15%).
Questo a livello generale. Andando più nel dettaglio, sono stati riportati livelli significativamente ridotti di indice di massa corporea, colesterolo totale, colesterolo LDL e livelli di glucosio nei vegetariani e nei vegani rispetto agli onnivori.
Rispetto al cancro, va detto che nel 2017 è accaduto un fatto che ha fatto scalpore riguardante la carne rossa, in particolare quella lavorata come salsicce e affettati, e il rischio aumentato di cancro, specie al colon-retto. La commissione dello IARC, Agenzia Internazionale per la ricerca sul Cancro, basandosi sui risultati scientifici sino a quel momento disponibili, ha collocato la carne rossa e la carne rossa lavorata nel gruppo degli alimenti rispettivamente cancerogeni umani probabili e certi. Per capirci, nel gruppo dei cancerogeni certi troviamo sostanze come il fumo e l’amianto. Lo stesso IARC raccomanda di consumare una quantità di carne rossa non superiore a 500 grammi alla settimana per limitare il rischio di cancro. Per quanto riguarda le carni bianche, l’impatto sulla salute a oggi (2024) non è ancora così chiaro. Date anche le numerose variabili in gioco, gli studi sull’argomento non hanno fornito conclusioni definitive, a differenza di quanto è avvenuto per le carni rosse e lavorate.
Per approfondire.
Che cosa rende gli alimenti di origine vegetale più “sani”? Seconda puntata dell’inchiesta
Dieta vegana e dieta onnivora. Inchiesta su cibo e scienza, puntata 1