Sarà capitato a molti, negli ultimi mesi, di incontrare sui social network la scritta G4z4, con il numero 4 che sostituisce la lettera ‘a’, per indicare Gaza. O di sentir parlare di Isr@ele, con la chiocciola al posto della lettera. Oppure gen0cidio, con lo zero al posto della ‘o’ nei post di chi condanna la risposta di Tel Aviv agli attacchi del 7 ottobre. In Italia lo hanno fatto, ad esempio, forze politiche come Possibile e una rete televisiva come La7. Ma perché succede questo?
L’idea di fondo è che, riconoscendo i post in cui si parla di Israele e Palestina come polarizzanti, come del resto è la vicenda che si trascina dal 1948, gli algoritmi ne limitino la diffusione. Meno si vedono, insomma, e meno si litiga tramite tastiera. È davvero così? Per capirlo, InfoData si è affidata alle tecniche di social listening sviluppate da Pierluigi Vitale, social media analyst e docente di Comunicazione digitale all’Università del Molise, e Serena Pelosi, linguista computazionale e docente del Sole 24 Ore Formazione.
I due hanno analizzato oltre 260mila post, pubblicati sia su Facebook che su Instagram dal 7 ottobre alla fine di aprile 2024, nei quali si parla di quanto sta avvenendo in Medio Oriente. Ed individuando così 127 possibili sequenze utilizzate per sostituire le parole Gaza, Israele, Palestina, terrorismo, genocidio. Ovvero le stesse parole riscritte inserendo numeri o simboli al posto di alcune lettere, così che chi legge capisca comunque il contenuto, a meno che non sia una macchina.
Una ricostruzione effettuata con un doppio approccio. Un primo top down, partito dalla ricerca di una serie di queste forme individuate direttamente dai ricercatori. E una secondo bottom up, che ha preso in considerazioni nuove sequenze incontrate nei post analizzati, così da ampliare lo spettro dell’analisi.
Il risultato è rappresentato nel grafico che apre questo pezzo: i post in cui sono state utilizzate le sequenze alfanumeriche al posto delle parole hanno avuto in media 116,77 interazioni, contro le 81,61 di quelle che invece utilizzavano le espressioni ‘tradizionali’. La differenza è di poco più del 30% di interazioni in meno per chi non ha utilizzato tecniche per ‘ingannare’ gli algoritmi.
Intanto, è bene specificare che non si tratta di visualizzazioni. Non è possibile sapere, perché a questi dati ha accesso solo il titolare dell’account, quante persone abbiano effettivamente visto ogni singolo post e capire cioé se le sequenze ne favoriscano la diffusione. Qui la questione riguarda le interazioni, ovvero reazioni e commenti.
E certamente il ricorso alle sequenze può non essere l’unica ragione per questa differenza nelle interazioni. Possibile, infatti, che nei post scritti ricorrendo alle sequenze, e quindi partendo dal presupposto di dover aggirare quella che viene considerata una censura, ci fosse un grado di polarizzazione maggiore. Elemento che, di per sé, favorisce l’aumento delle interazioni. Resta il fatto che scrivere G4z4 a Isr@ele solleciti il dibattito social in maniera maggiore che utilizzare Gaza ed Israele.