La maggioranza c’è, è ampia come forse non si era mai visto e i laburisti non avranno alcun problema nel formare e sostenere il governo. Ma se lo si guarda in filigrana, il successo del partito guidato da Keir Starmer è meno di clamoroso di quanto appaia. La versione breve è che è frutto del sistema di voto, fatto di 650 collegi uninominali che eleggono un parlamentare ciascuno.
In inglese si chiama first past the post, ovvero vince solo il primo, a prescindere da quanti siano i voti di distacco dagli altri candidati. È per questo che con appena il 33,9% dei voti (il dato è stato estratto quando ancora mancava l’attribuzione di 5 seggi, ndr) i laburisti hanno ottenuto 411 seggi, ovvero oltre il 63% del totale, come mostra il grafico che apre questo pezzo, dove le barre blu indicano i voti assoluti e i numeri in rosso i seggi attribuiti al partito.
I conservatori, con il 23,7% dei consensi, hanno eletto 119 parlamentari, ovvero il 18,3%. Ma il caso più clamoroso è quello di Reform UK, il partito dell’architetto della Brexit Nigel Farage: ha ottenuto il 14,3% dei voti, ma ha eletto solo 4 parlamentari, appena lo 0,6% del totale. I liberal-democratici, che pure hanno ottenuto 600mila voti in meno del partito di Farange, di parlamentari ne hanno eletti 71.
Per raccontare meglio quanto sia ampia la distanza tra le percentuali nazionali e la composizione del parlamento, InfoData ha rappresentato questo grafico, che mostra i voti che ha dovuto ottenere ciascun partito per eleggere un parlamentare:
A Reform Uk è servito oltre 1 milione di voti per riuscire ad eleggere un parlamentare, ai Verdi (che pure porteranno alla Camera bassa lo stesso numero di rappresentanti) ne sono bastati 483mila. Ai gallesi di Plaid Cymru, altro gruppo che sarà formato da 4 persone, ne sono stati sufficienti 48mila. Ai conservatori sono serviti poco meno di 57mila voti per eleggere un parlamentare, ai liberal-democratici 49mila, ai laburisti appena 23mila.