Si pensa che la dimensione psicotica durante una depressione attiva sia una condizione piuttosto rara, e quindi nel corso dei decenni è stata studiata relativamente poco. In realtà pare che forme di allucinazioni e deliri meno evidenti siano presenti in un quinto delle persone con diagnosi di episodio depressivo.
Quando vengono pubblicati risultati interessanti che riguardano la salute mentale e su come misurarla noi di Infodata cerchiamo di raccontarli, proprio perché è spesso difficile capire come quantificare, monitorare, analizzare i fenomeni che generalmente chiamiamo “ansia”, “depressione”, “stress”. Questa volta ad aver attirato la nostra attenzione è un articolo pubblicato nientemeno che su The Lancet Psychiatry nel quale gli autori, fra cui diversi italiani, analizzano gli studi scientifici pubblicati negli ultimi 39 anni sulla depressione psicotica per capire quale sia il trattamento farmacologico più efficace e sicuro. Il lavoro porta a un risultato preciso: la combinazione di Fluoxetina (il primo inibitore selettivo del reuptake della serotonina messo in commercio, spesso conosciuto con il nome commerciale di Prozac) e di Olanzapina (un antipsicotico di seconda generazione) è la migliore opzione in termini di efficacia e sicurezza. Consistentemente, questa combinazione tra i trattamenti consigliati anche per trattare la depressione resistente. La Fluoxetina è un inibitore del riassorbimento (reuptake) della seronotonina, aumentandone la concentrazione nel cervello, mentre l’Olanzapina blocca i recettori della dopamina, la cui attivazione è spesso responsabile dei sintomi psicotici. In aggiunta, entrambi i farmaci producono un effetto su uno specifico recettore della serotonina con azione antagonista (che significa che bloccano il recettore) con un effetto antidepressivo molto potente e rapido, perché inizia a dare risultati in meno di due settimane (tempo necessario a un inibitore selettivo del reuptake della serotonina per agire da solo).
Al di là del risultato specifico, la ricerca ci interessa per il metodo. Ne parliamo con Vincenzo Oliva, primo autore, oggi psichiatria presso l’Hospital Clínic di Barcellona e ricercatore presso l’Istituto di Ricerca Biomedica August Pi i Sunyer dello stesso ospedale.
“La prima cosa che emerge è che in dieci anni sono pochissimi gli articoli che hanno studiato l’approccio farmacologico alla depressione psicotica, che in realtà può avvenire sia in un contesto di depressione maggiore che in un contesto bipolare” spiega Oliva. Solo 14 articoli sono infine entrati nella loro analisi, e tutte le metanalisi condotte finora non riuscivano a raggiungere risultati definitivi.
“L’unica cosa che si sapeva è che la combinazione di un antipsicotico qualsiasi e di un antidepressivo qualsiasi era migliore della monoterapia, ma finora non vi era alcuna indicazione in letteratura né in linee guida su quale farmaco proporre. Ogni specialista sceglie che cosa proporre al paziente e cerca di variare la terapia regolandosi sui risultati che osserva da persona a persona. Oggi invece siamo in grado di dire finalmente che c’è una combinazione che dà maggior benefici e minori effetti collaterali. Ci aspettiamo che questa nostra revisione possa spronare la messa a punto di linee guida per la gestione farmacologica del paziente con depressione psicotica”. I ricercatori hanno valutato i farmaci sia in termini di molecole specifiche che di classi di farmaci. “Questo aspetto è utile per personalizzare i trattamenti, che è ciò che gli psichiatri oggi cercano di fare il più possibile – continua Oliva.
Ad esempio, l’olanzapina tuttavia, può indurre una sindrome metabolica, con ipercolesterolemia, obesità, o glicemia alta. Aver classificato l’efficacia e la tollerabilità dei farmaci in base anche alla loro classe permette a un medico che si trova davanti un diabetico o una persona obesa, a cui non può somministrare olanzapina perché potrebbe peggiorare le loro condizioni cliniche, di scegliere il miglior farmaco equivalente all’interno della stessa classe.
I sintomi psicotici sono più diffusi di quel che sembra
Solitamente si pensa ai deliri e alle allucinazioni intendendo le forme più gravi, quelle che rientrano sotto il termine schizofrenia. Ci sono però forme meno eclatanti, e quindi non così facili da diagnosticare. “In generale la letteratura dice che la prevalenza di persone con sintomi di questo tipo nel corso della depressione, anche solo per alcuni periodi, è dell’1%” prosegue Oliva. “In realtà studi che hanno valutato più approfonditamente questo aspetto in campioni di pazienti con diagnosi di disturbo depressivo per tempi prolungati, hanno fatto emergere una prevalenza di deliri e allucinazioni, cioè di sintomi psicotici, molto maggiori. In questi pazienti i sintomi non sono franchi come nei pazienti schizofrenici: vediamo per esempio deliri di colpa cioè ad esempio il pensiero che a causa loro – dei pazienti – si creino problemi in famiglia, con sfumature spesso difficili da cogliere”.
L’1% delle persone manifesta nel corso della propria vita un insieme di sintomi che appartengono allo spettro della schizofrenia. L’aspetto interessante è che si tratta di una condizione reversibile in almeno un terzo dei casi, come aveva raccontato un anno fa a chi scrive Pierluigi Politi, psichiatra e psicoterapeuta, professore ordinario all’Università di Pavia e direttore del Dipartimento di salute mentale e dipendenze, dell’ASST Pavia.
A che punto è la ricerca medica per trattare queste condizioni psicotiche?
Oggi sono disponibili dei farmaci innovativi, come KarXT, un agonista dei recettori muscarinici, che ha ridotto significativamente i sintomi psicotici acuti nelle persone con schizofrenia, che ha prodotto risultati promettenti in un trial fase 3 (quindi assai avanzata) che sono stati pubblicati a gennaio 2024 sempre su The Lancet. Nel complesso però l’arsenale farmaceutico per i sintomi psicotici, che solitamente rientrano in un quadro di schizofrenia, è limitato. L’introduzione degli antipsicotici, con la clorpromazina, negli anni cinquanta del secolo scorso ha rappresentato una rivoluzione nella gestione di questa condizione, a cui sono seguiti altri come la clozapina o i recenti brexpiprazolo, cariprazina e paliperidone. Successivamente il panorama farmacoterapeutico per i disturbi psicotici è rimasto abbastanza invariato. “Va detto che quello farmacologico è uno degli approcci, che si deve accompagnare a un percorso psicoterapico e di supporto alla persona a livello occupazionale, nel contesto cioè in cui vive per aiutarla a convivere con la sua condizione nel modo più empowered possibile”.
In realtà sappiamo che la stessa definizione di ansiolitico, antipsicotico, antidepressivo è qualcosa di superato in psichiatria. “Si tratta di una categorizzazione storica, a seconda di quando queste sostanze sono state immesse sul mercato. Noi oggi preferiamo una terminologia basata sul meccanismo d’azione”.
Per approfondimento.
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