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economia

Apple Intelligence, il laboratorio “segreto” di Zurigo e l’intelligenza artificiale migliore di sempre #AiStories

A un certo punto, verso la fine d’aprile di quest’anno, è sembrato che la corsa all’intelligenza artificiale di Apple dipendesse da un misterioso laboratorio di ricerca a Zurigo. Sul web è stato descritto come una sorta di Progetto Manhattan nel cuore della Svizzera, una Los Alamos dei giorni nostri dove le migliori menti della nostra generazione erano al lavoro per costruire il chatbot definitivo per iPhone, iPad e Mac. A svelare l’esistenza del Vision Lab è stato il Financial Times dopo una  indagine su centinaia di profili LinkedIn, nonché annunci di lavoro pubblici e documenti di ricerca. Hanno scoperto che dal 2018 la Mela ha reclutato almeno 36 specialisti di machine learning, in particolare da ex dipendenti di Google e li ha riuniti appunto a Zurigo per studiare nuove applicazioni nel campoi dell’intelligenza artificiale generativa.

Financial Times

Apple non ha rilasciato una dichiarazione ufficiale che confermi esplicitamente l’esistenza del Vision Lab di Zurigo. Di solito c’è da dire non sono soliti intervenire volontariamente quando qualcuno parla di loro. Diciamo che non commentano i rumors. Ma perché tutto questo mistero?

Siamo al 30 aprile quando esce l’inchiesta e Apple non ha ancora presentato nulla come risposta a ChatGpt. Intorno a loro c’è una certa pressione, i mercati si chiedono quando lanceranno anche loro un chatbot, online le voci crescono esponenzialmente. Sono passati ben 15 mesi dalla rivoluzione di OpenAi. Samsung ha già presentato il suo Ai Phone integrando Gemini il chatbot di Google e lanciando una nuova categoria di prodotti potenziati con l’intelligenza artificiale. Lo stesso ha fatto Microsoft lato computer portatili inventandosi l’etichetta Copilot+.

Alla fine aprile del 2024 siamo in piena Ai-Washing, tutti fanno cose con i chatbot o dicono di fare cose con l’Ai Gen perché lo vogliono tutti: il mercato, la finanza e il marketing. Apple  invece niente. La società che da anni è la più capitalizzata del mondo, una icona sinonimo di innovazione non annuncia nulla di “generativo”. Fa finta di niente. I suoi prodotti sembra volere dire restano i più avanzati di sempre anche senza possedere un chatbot proprietario.

Il mercato finanziario comincia ad avere dei dubbi e non era mai successo. Per la prima volta gli analisti finanziari si domandano se Tim Cook sia davvero “sulla palla” su quella che  viene da tutti definita come la più grande rivoluzione tecnologica di sempre.

I primi segnali di discontinuità arrivano da Microsoft che in un paio di occasioni forte del suo chatbot mette la testa avanti nella corsa alla capitalizzazione di Borsa. Si aggiunge alla competizione del Big Tech il campione dei chip per l’Ai Nvidia che in brevissimo tempo diventa il simbolo di questa rivoluzione e ora stabilmente veleggia sopra i tre trilioni di dollari.

Financial Times

 

Apple per l’opinione pubblica tecnologica diviene di colpo un Ufo. Un oggetto non identificato destinato a cambiare come sempre le regole del gioco.  A rendere ancora più misteriose le strategie della Mela c’è il riserbo che ammanta la comunicazione di questo gruppo fin dai tempi di Steve Jobs.  Eppure, di indizi che qualcosa si stessa agitando nel quartiere generale di Cupertino e nei loro laboratori ce n’erano a sufficienza. Anche senza dovere andare in Svizzera. Bastava unire i puntini.

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E’ dal 2016 che Apple investe in Ai.  Musicmetric, Emotient, Silk Labs e CamerAI sono i nomi solo di alcune delle decine di startup acquisite. Molti dei fondatori di queste startup sono rimasti a lavorare in Apple dopo l’acquisizione. L’anno scorso Apple ha comprato almeno 32 startup di AI, il numero più alto tra le grandi aziende tecnologiche. E nel 2024, si prevede che Apple investirà circa 4,75 miliardi di dollari nello sviluppo e nell’espansione delle sue capacità di AI generativa, un aumento significativo rispetto ai 620 milioni di dollari del 2023​.

Di più, il Ceo di Apple, ha dichiarato che gran parte dei 22,6 miliardi di dollari spesi in ricerca e sviluppo è stato destinato all’IA, dimostrando l’importanza strategica di queste tecnologie per l’azienda​

I manager di Tim Cook insomma non sono mai rimasti fermi. Ma per avere qualcosa di concreto abbiamo dovuto aspettare fino al 10 giugno di quest’anno. Il Ceo di Apple decide che l’annuale conferenza degli sviluppatori di giugno sarebbe stato il momento per svelare le carte sull’intelligenza artificiale. E così è stato.

 

 

Nasce Apple Intelligence.  Ed è una rivoluzione. Come annunciato. La finanza brinda, il titolo riparte, i tecnologici festeggiano ma gli utenti (in Europa) dovranno accontentarsi degli annunci prima di  capire davvero cosa cambia e toccare con mano.

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Cosa è Apple Intelligence? Viene presentato come il nuovo sistema di intelligenza personale “che pone potenti modelli generativi proprio al centro del tuo iPhone, iPad e Mac”. Da un punto di vista tecnologico e della privacy è una sfida epocale. Vediamo di capire perché.

 

 

 

Apple Intelligence non è un semplice LLM (Large Language Model), non è un chatbot, ma è una piattaforma che si integra non solo con le app Apple ma anche con le app di terze parti. Quindi per capirci Apple Intelligence non può essere paragonata a tutti gli altri LLM perché non è un sostituto, è complementare. Ha invece voluto creare una “personal AI”, qualcosa studiato per funzionare dentro a un prodotto.

Figure 1: Modeling overview for the Apple foundation models.

iPhone promette di risolvere attraverso una innovativa architettura di sicurezza le due principali preoccupazione che si trascina dietro l’Ai gen dalla sua nascita: privacy e governo dei dati.

“Private Cloud Compute consente a Apple Intelligence di processare le richieste più complesse dell’utente con un livello di privacy straordinario – ha detto Craig Federighi, Senior Vice President of Software Engineering di Apple – Abbiamo esteso al cloud le funzioni di protezione di iPhone, già all’avanguardia nel settore, creando quella che noi riteniamo essere l’architettura di sicurezza più evoluta mai resa disponibile su vasta scala per l’AI su cloud”.

Gli ingegneri di Cupertino hanno progettato un sistema agnostico perché usa ChatGpt quando è più comodo usarlo per compiti generalisti mentre si affida ai tool interni quando deve lavorare sui dati dell’utente.

Quindi non è vero che non c’è Ai gen made in Cupertino. Sono almeno cinque i fundation models che Apple ha messo ha disposizione dei propri utenti. Come vi abbiamo spiegato qui e qui la scelta di Cupertino è quella di agganciare i propri algoritmi ai dati presenti nel dispositivo e quelli che gli sviluppatori decideranno di condividere con Apple. L’elaborazione avverrà quando serve e in base alle richieste dell’utente – almeno così si legge qui  – o direttamente sui server di Apple del Private Cloud Compute o direttamente sul dispositivo oppure su ChatGpt. Proprio così, avete sentito bene, Apple si è aperta al “nemico” e ha deciso di integrare ChatGpt. Sul palco dell’Apple WorldWide Developers Conference (WWDC) il 10 giugno c’era anche lui, Sam Altman.


Quando è stato avvistato è stato chiaro a tutti che Cupertino aveva rinunciato a competere con OpenAi integrando il loro chatbot all’interno dei loro dispositivi attraverso un complesso accordo. Qualcuno ha protestato che l’accordo con OpenAI potrebbe rompere quell’integrazione software-hardware che da sempre è la cifra costruttiva della Mela morsicata. A qualcuno questa “unione” non è affatto piaciuta.

 

I termini di questa collaborazione non sono stati svelati ma interessano a tutto l’ecosistema dell’Ai. Secondo Bloomberg Apple non pagherà OpenAI per integrare il chatbot nel suo nuovo sistema operativo. Il vero valore per OpenAI risiede nell’integrazione di ChatGPT nel vasto ecosistema Apple.  Non ci sono conferme ufficiali ma se fosse così il vantaggio per OpenAi è l’accesso agli utenti Apple. Inoltre sempre secondo Bloomberg Apple prevede di stabilire accordi di revenue sharing con gli Ai provider. Mentre Cupertino ha comunicato che permetterà a ricercatori indipendenti di controllare la sicurezza della loro architettura. Ma ci vorrà tempo.

Apple Intelligence insomma piace a tutti coloro che si occupano di tecnologia. Qualcuno è convinto che la sua architettura unica potrebbe però essere una standard per tutto l’ecosistema dell’Ai Gen. Sarà studiata con attenzione. Da tutti a partire dalle Autority di controllo. In particolare dalla Commissione europea che in questi ultimi anni non è stata tenera con il Big tech.

 

 

Quello sopra che “twitta” è Thierry Breton, il commissario europeo per il mercato interno e i servizi. Il suo slogan è “act different” ed è un gioco di parole con il mantra di Apple “think different”. Non si riferisce direttamente a Apple Intelligence ma al suo App store che non rispetterebbe le regole del Digital Market Act (Dma)  il regolamento europeo, già in vigore, che determina i limiti delle piattaforme che possono controllare il mercato digitale.

 

Quando a settembre Thierry Breton ha incontrato ieri Tim Cook, l’amministratore delegato di Apple, lo ha invitato ad aprire ai concorrenti l’ecosistema di iPhone. L’incontro non deve essere andato bene visto il tweet “Act different” che avete letto. All’0rizzonte c’è anche l’Ai Act che entrerà in vigore tra poco più di un anno e pone dei limiti a quello che potranno fare le intelligenze artificiale nel nostro Continente.

L’unica cosa sappiamo per certo per ora è che Apple Intelligence non sarà disponibile sugli iPhone degli utenti europei, né a breve né a medio termine.  Come ha scritto Repubblica, l’azienda di Cupertino lo ha confermato per iscritto a Bloomberg, Financial Times e The Verge, spiegando che “a causa delle incertezze normative causate dal Digital Markets Act, non crediamo che saremo in grado di implementare 3 di queste funzionalità (iPhone Mirroring, SharePlay ed Apple Intelligence) per i nostri utenti europei nel corso di quest’anno”.

 

Cosa è Ai Stories? Storie lunghe su fatti, accadimenti e personaggi della rivoluzione Ai Gen.

La altre puntate di Ai Stories 

Helen Toner, il superallineamento e quello che sappiamo sul licenziamento lampo di Sam Altman #AiStories

 

Per approfondire.