Un documento pubblicato in questi giorni dall’ECDC, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie dell’Unione Europea, evidenzia progressi nella riduzione della resistenza antimicrobica (AMR) nell’Escherichia coli da animali destinati alla produzione alimentare in diversi Stati membri dell’UE. La resistenza combinata agli antimicrobici di fondamentale importanza per la medicina umana rimane molto bassa, ad eccezione di alcuni tipi di Salmonella e Campylobacter coli in alcuni paesi. Inoltre, si è verificato un aumento della percentuale di isolati di Escherichia coli provenienti da animali destinati alla produzione alimentare che mostrano “completa suscettibilità” o “resistenza zero” ai principali antimicrobici. Si tratta di un monitoraggio della resistenza antimicrobica nel biennio 2021-2022 in Salmonella spp., Campylobacter jejuni ed E. coli negli esseri umani e animali da produzione alimentare.
Ci basta questo per essere pienamente ottimisti? No. Negli ultimi 10 anni, fra il 2013 e il 2022 almeno la metà dei paesi coinvolti dalle rilevazioni ECDC ha osservato tendenze crescenti nella resistenza ai fluorochinoloni negli isolati di Salmonella Enteritidis e Campylobacter jejuni, solitamente associati al pollame, per gli esseri umani. Questa scoperta è motivo di preoccupazione per la salute pubblica, poiché nelle rare occasioni in cui le infezioni da Salmonella o Campylobacter si trasformano in malattie gravi, i fluorochinoloni sono tra gli antimicrobici utilizzati per il trattamento. Se cominciano a non funzionare bene, si pongono seri problemi.
Per quanto riguarda i carbapenemi, sebbene la presenza di resistenza sia attualmente segnalata a livelli molto bassi in isolati sia umani che animali, negli ultimi anni un numero maggiore di paesi ha segnalato batteri che producono enzimi carbapenemasi. “Ciò richiede attenzione e ulteriori indagini – scrivono gli esperti di ECDC- poiché i carbapenemi sono un gruppo di antibiotici di ultima istanza e qualsiasi rilevamento di resistenza ad essi è preoccupante.
Un terzo dei paesi esaminati ha osservato tendenze decrescenti nella resistenza ai macrolidi negli isolati di Campylobacter provenienti dall’uomo e questo aspetto è degno di nota poiché la maggiore resistenza ai fluorochinoloni significa che i macrolidi stanno diventando sempre più importanti per il trattamento di gravi infezioni di origine alimentare negli esseri umani. Infine, in due terzi dei paesi segnalanti, la resistenza degli isolati umani alle penicilline e alle tetracicline è diminuita nel tempo nella Salmonella Typhimurium, che di solito è associata a suini e vitelli.
Quali sono gli antibiotici più “delicati”?
La premessa da fare è che misurare la resistenza ai farmaci, in primis agli antibiotici, significa considerare i batteri che possono essere resistenti (Salmonella, E.Coli, Campylobacter, Tubercolosi e via dicendo) e l’efficacia delle classi di farmaci per combattere queste infezioni, a seconda delle loro caratteristiche e del loro funzionamento. Ci sono i beta-lattamici, che comprendono le penicilline (ad esempio, penicillina, ampicillina, amoxicillina), i carbapenemi (ad esempio imipemen, meropenem), e le cefalosporine (ad esempio, cefazolina, cefalexina); gli aminoglicosidi (ad esempio, gentamicina, tobramicina), le tetracicline (ad esempio, tetraciclina, doxyciclina), i macrolidi (ad esempio, eritromicina, claritromicina, azitromicina) e i lincosamidi. Infine i fluorochinoloni come ciprofloxacina e levofloxacina.
Questi farmaci possono essere usati sia per le infezioni negli animali che nell’uomo, ma esistono delle prescrizioni precise per ridurre al minimo la possibilità di sviluppare resistenza. Antibiotici più potenti come i fluorochinoloni o le cefalosporine di ultima generazione, devono essere usate in maniera appropriata.
Gli allevamenti italiani
In Italia, i dati ottenuti nell’ambito del sistema di sorveglianza nazionale dell’antibiotico-resistenza AR-ISS, condotto dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), mostrano che nel 2022 le percentuali di resistenza alle principali classi di antibiotici per gli 8 patogeni sotto sorveglianza in generale si mantengono elevate. I due principali fattori esterni favorenti lo sviluppo e la diffusione di resistenza agli antibiotici sono l’uso degli stessi, che esercita una pressione ecologica sui microrganismi e contribuisce all’emergenza e alla selezione di batteri resistenti, e la diffusione e la trasmissione incrociata di questi patogeni resistenti tra gli esseri umani, gli animali e l’ambiente.
Come raccontavamo qualche mese fa tuttavia, negli allevamenti intensivi italiani non si fa uso di antibiotici per accelerare la crescita degli animali, ma solo per combattere le infezioni presenti negli allevamenti. Questo tipo di utilizzo è, infatti, vietato in Europa, per legge, dal 2006 e la Commissione europea lo ha fortemente ribadito nel regolamento (UE) 2019/6.
Il Ministero della Salute ha, inoltre, messo a punto un sistema integrato, denominato ClassyFarm, per la categorizzazione del rischio di sviluppo di antibiotico-resistenza all’interno degli allevamenti, che si basa sulla raccolta e l’elaborazione dei dati di diverse aree provenienti dalle attività del controllo ufficiale, dai sistemi informativi e banche dati già in uso dal Ministero e dalle attività in autocontrollo dell’azienda. Risultato: complice una riflessione sulle misure di igiene negli allevamenti, negli ultimi cinque anni si è registrato un crollo verticale dell’ utilizzo di antibiotici negli allevamenti: -90% dal 2015 al 2020 fra i polli da carne e -80% nei tacchini.
In Italia prendiamo più antibiotici della media europea
L’utilizzo degli antibiotici fra le persone è invece ancora elevato. L’ultimo rapporto L’uso degli antibiotici in Italia di AIFA raccoglie i dati relativi al 2021: nel nostro paese consumiamo 17,1 dosi al giorno per 1000 abintanti, contro una media europea di 16,4 dosi, un dato in peggioramento negli ultimi tre anni. Si registra una media di 11,5 dosi per 1000 abitanti sul territorio, con picchi di 15,3 dosi al sud, sebbene in forte e costante calo negli ultimi 10 anni, e 70,6 dosi ogni 100 giornate di degenza in ospedale, in linea con le dosi registrate negli ultimi 6 anni.
Per la cronaca, è considerato generalmente inappropriato per le persone l’uso di o amoxicillina e acido clavulanico nei bambini o l’impiego di fluorochinoloni e cefalosporine in presenza di una diagnosi di faringite e tonsillite acuta o l’impiego di macrolidi come prima linea di trattamento della faringite e tonsillite acuta o nella cistite non complicata l’uso in prima linea di qualsiasi antibiotico appartenente alla classe di fluorochinoloni.