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tecnologia

Cosa misura il Digital intensity index (DII)? E come è messa l’Italia?

Si chiama Digital intensity index (DII) ed è un indicatore che misura il grado di digitalizzazione per le aziende. Per calcolarlo, vengono presi in considerazione alcuni parametri, ad esempio il fatto che almeno il 50% dei dipendenti utilizzi un computer, che venga impiegato un CRM, che l’azienda sia presente su almeno due piattaforme social, che si faccia ricorso a tecnologie legate all’AI.

In caso di risposta affermativa l’azienda ottiene un punto, zero altrimenti. E così fino a 3 punti si ha un’intensità digitale molto bassa, da 4 a 6 bassa, da 7 a 9 alta, da 10 a 12 molto alta. Questo il modo in cui Eurostat ha elaborato i dati che InfoData ha visualizzato nel grafico che apre questo pezzo. Un grafico che fa riferimento alle imprese con oltre 250 dipendenti e che incorona la Finlandia, dove nessuna azienda ha un’indice di intensità digitale molto basso e il 56,7% ne presenta invece uno molto alto.

All’estremo opposto ecco la Romania dove il 39,1% delle grandi imprese ha un DII molto basso e appena il 5% ha ottenuto almeno 10 punti. In media, nell’Unione europea il 9% delle imprese si trova nella fascia con il punteggio più basso, mentre il 26,3% ha un indice molto alto. In Italia le realtà con una più bassa digitalizzazione sono l’8,9%, mentre quelle più avanzate nella transizione digitale sono il 24,1% del totale, due risultati tutto sommato in linea con la media continentale. E le Pmi?

Anche in questo caso Finlandia (solo il 14,4% delle Pmi con un DII molto basso) e Romania (addirittura il 73,2% ha un punteggio compreso tra 0 e 3) si confermano agli estremi opposti. La media europea vede un 42,3% di piccole e medie imprese che ancora stentano rispetto alla digitalizzazione e appena un 4,4% che invece è già avanzata sotto questo profilo. In Italia il 39,3% delle Pmi ha un Digital intensity index molto basso, mentre appena il 2,8% ne ha uno molto alto.