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scienze

Perché i documenti legali sono scritti in modo così incomprensibile? La risposta del MIT

IL’ MIT ci ha fornito una risposta sull’annosa domanda sul perché le leggi sembrano essere scritte in modo tale da non essere facilmente compresibili a chi le dovrebbe conoscere, ossia i cittadini, e anzi mettono in difficoltà persino le stesse persone di legge.
Perché ci complichiamo la vita da soli, insomma?
La soluzione sta nel concetto di autorità, che evidentemente ci piace molto, dopo tutto.
Il linguaggio contorto riesce a trasmettere un senso di autorità nei documenti legali, a tal punto che persino i non avvocati usano il “legalese” quando viene chiesto loro di redigere delle leggi.

Sembra ironia, ma non lo è. La ricerca è interessante perché non si tratta di uno studio sociologico, ma condotto nell’ambito delle scienze congnitive, e il MIT su questo non è certo l’ultimo arrivato, tanto che questi risultati sono apparsi su Proceedings of the National Academy of Sciences.

Questo gruppo di ricerca studia le caratteristiche uniche del linguaggio legale dal 2020, quando il primo autore, Martinez, è arrivato al MIT dopo aver conseguito una laurea in giurisprudenza presso la Harvard Law School. In uno studio del 2022 , il gruppo ha analizzato contratti legali per un totale di circa 3,5 milioni di parole, confrontandoli con altri tipi di scrittura, tra cui sceneggiature cinematografiche, articoli di giornale e documenti accademici.
L’ analisi ha rivelato che i documenti legali hanno spesso lunghe definizioni inserite nel mezzo delle frasi, una caratteristica nota come “center-embedding”, un tipo di struttura che – dicono i linguisti – può rendere il testo molto più difficile da comprendere.
In altre parole il “legalese” in qualche modo ha sviluppato questa tendenza a mettere strutture dentro altre strutture, in un modo che non è tipico delle lingue umane. Da un secondo studio di follow-up pubblicato nel 2023, è emerso che il legalese rende i documenti più difficili da comprendere addirittura per gli avvocati.

Le ipotesi elaborate erano due. La prima è l’ ipotesi cosiddetta “copia e modifica”, che suggerisce che i documenti legali iniziano con una premessa semplice a cui si vanno ad aggiungere informazioni e definizioni aggiuntive vengono, creando complesse clausole centrali. Una conseguenza insomma del lavorio mentale di chi scrive, che comincia con una bozza semplice per poi rendersi conto che sono troppe le situazioni che rimangono non definite chiaramente, e quindi che è necessario aggiungere specifiche su specifiche.

Gli esperimenti però non sembrano confermare questa ipotesi.
I risultati hanno finito per puntare verso un’ipotesi diversa, la cosiddetta “ipotesi dell’incantesimo magico”. Proprio come gli incantesimi magici sono scritti con uno stile distintivo che li distingue dal linguaggio di tutti i giorni, lo stile contorto del linguaggio legale sembra segnalare un tipo speciale di autorità. Ecco la parola magica: autorità.

“Nella cultura inglese, se vuoi scrivere qualcosa che sia un incantesimo magico, le persone sanno che il modo per farlo è inserire un sacco di rime vecchio stile” scrivono i ricercatori. “Pensiamo che forse l’inserimento centrale segnali il linguaggio legale allo stesso modo”.

In questo studio, i ricercatori hanno chiesto a circa 200 non avvocati (madrelingua inglese residenti negli Stati Uniti, reclutati tramite un sito di crowdsourcing chiamato Prolific), di scrivere due tipi di testi. Nel primo esperimento, è stato chiesto alle persone di scrivere leggi che proibissero crimini come guida in stato di ebbrezza, furto con scasso, incendio doloso e traffico di droga. Nel secondo, di scrivere storie su quei crimini.

Per testare l’ipotesi di copia e modifica, a metà dei partecipanti è stato chiesto di aggiungere informazioni aggiuntive dopo aver scritto la loro legge o storia iniziale. I ricercatori hanno scoperto che tutti i soggetti hanno scritto leggi con clausole incorporate al centro, indipendentemente dal fatto che abbiano scritto la legge tutta in una volta o che gli sia stato detto di scrivere una bozza e poi aggiungerla in seguito. E, quando hanno scritto storie relative a quelle leggi, hanno scritto in un inglese molto più semplice, indipendentemente dal fatto che abbiano dovuto aggiungere informazioni in seguito.

In un’altra serie di esperimenti, è stato chiesto a circa 80 partecipanti di scrivere leggi, nonché descrizioni che avrebbero spiegato quelle leggi ai visitatori di un altro paese. In questi esperimenti, i partecipanti hanno nuovamente utilizzato l’incorporamento delle informazioni aggiuntive al centro per le loro leggi, ma non per le descrizioni di quelle leggi.

Gli esperimenti contano di andare molto indietro. I ricercatori hanno in programma di esaminare dapprima le leggi britanniche più antiche, su cui si sono basate quelle della storia americana, per testare questa ipotesi; ma c’è l’idea di andare anche molto più indietro, fino al Codice di Hammurabi, il primo insieme di leggi noto, che risale a circa il 1750 a.C.!
Non è detto infatti che il modo di scrivere degli anglofoni degli ultimi 200 anni sia il medesimo di quello di altri popoli o di altre epoche.

Hammurabi o meno, il punto è comunque capire se possiamo scrivere le leggi in modo più semplice di come l’abbiamo fatto fino a oggi. “Gli sforzi per scrivere documenti legali in un linguaggio più semplice risalgono almeno agli anni ’70 – si legge – quando il presidente Richard Nixon dichiarò che le normative federali avrebbero dovuto essere scritte in “termini semplici”. Tuttavia, il linguaggio legale è cambiato molto poco da allora. Abbiamo imparato solo molto di recente cosa rende il linguaggio legale così complicato, e quindi sono ottimista sulla possibilità di cambiarlo” commenta uno degli autori.