Nella media globale degli intervistati, relativa ad un campione di quasi 23 mila adulti di età inferiore ai 75 anni, appartenenti a 31 Paesi, il 54% delle persone dichiara di essere entusiasta dei prodotti e dei servizi che usano l’intelligenza artificiale, mentre il 52% si ritiene nervosa, ovvero, per meglio dire, spaventata. Dunque, i sentimenti verso l’AI, si possono definire come molto contrastanti su scala globale. Una faccenda che si rispecchia anche nei risultati ottenuti nel nostro Paese, dove gli italiani hanno dichiarato di essere allo stesso tempo eccitati e spaventati (con il 50% per ognuna delle rispettive domande relative all’eccitazione o al nervosismo che ci inducono i prodotti e servizi che utilizzino AI). Questo è quanto riportato in un recente studio elaborato da Ipsos, che tra le altre cose, ha identificato come, in generale, le popolazioni residenti in Asia e in Sud America sono più entusiaste dei prodotti e dei servizi che utilizzino l’AI.
Ma qual è il Paese che ha dichiarato maggiore predisposizione psicologica verso questa tecnologia? In testa ai livelli di eccitazione troviamo la Thailandia. Qui, oltretutto, il campione di popolazione si dichiara più propenso nel dire che l’AI migliorerà il loro lavoro nel prossimo futuro, e, allo stesso tempo, si è dichiarato che l’AI sostituirà il loro lavoro attuale. Diametralmente opposti di vedute sono gli svedesi. Nel Paese baltico, infatti, solo il 32% della popolazione si è dichiarata eccitata da tale tecnologia, contro il 53% che ne è invece spaventata. Allo stesso tempo, a pari merito con il Belgio e l’Irlanda, gli svedesi sono i meno propensi a dire che i prodotti e i servizi basati sull’AI hanno cambiato profondamente la loro vita quotidiana negli ultimi 3-5 anni. Inoltre, sono i meno predisposti a credere che l’AI cambierà il loro modo di lavorare o sostituirà il loro attuale lavoro. Ma, per quanto in Svezia non ci si possa dire avvezzi a tale tecnologia, non si raggiunge il livello degli australiani. Infatti, è in Australia la popolazione più spaventata nei confronti dell’AI. Qui le persone sono decisamente poco d’accordo con l’affermazione: i prodotti e i servizi che utilizzano tale tecnologia hanno più vantaggi che svantaggi. Inoltre, i livelli di fiducia sono tra i più bassi per quanto riguarda i pregiudizi dell’AI e le preoccupazioni sulla privacy.
Ma, spostando la lente d’ingrandimento su di un piano generazionale, quale fascia d’età è più propensa verso l’AI? E quale meno? Neanche a dirlo, sono i ragazzi e le ragazze appartenenti alla GenZ ad essere su scala globale meno nervosi (il 51%) e più eccitati (con il 64%) verso l’intelligenza artificiale. Un quantitativo che comunque fa pensare ad un cauto avvicinamento, ma decisamente migliore rispetto ai boomers, che dichiarano solo per il 38% di essere propensi a tale tecnologia. Prima di loro, quelli più combattuti, sono i GenX, nati tra il 1965 e il 1980.
Un’ultima nota, di particolare rilievo, riguarda la domanda del questionario che chiedeva agli intervistati quanto ci si sentisse propensi nell’affermare: ho una buona comprensione dell’intelligenza artificiale. A tale quesito ha risposto positivamente solo il 53% degli italiani, determinando un posizionamento al penultimo posto nella classifica globale dei 31 Paesi oggetto di studio (dopo il Belgio, che ha quantificato un 56%, prima del Giappone, con invece un 43%). La prima in classifica è stata l’Indonesia, che ha definito un 84%, mentre la media globale è stata del 67%, da cui ci distanziamo di ben 14 punti percentuali. A riguardo bisognerebbe chiedersi: come mai quasi la metà degli italiani non ha compreso una tecnologia che, di fatto, sta profondamente mutando l’economia e la società in molte delle loro sfaccettature?
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