Lo scorso 1 luglio l’Ungheria ha assunto la presidenza del Consiglio dell’Unione europea. Un ruolo che Budapest ricoprirà fino alla fine del 2024. Tra i diversi obiettivi politici che si è dato il governo di Viktor Orban per questi sei mesi, ce ne sono alcuni che possono essere misurati con i dati. O almeno, ne è convinta la stessa Unione, che ha pubblicato quelli che consentono di approfondire le tematiche care alla presidenza di turno.
Una delle priorità dell’esecutivo magiaro riguarda la demografia. Una popolazione europea sempre più vecchia incrementa la pressione sui sistemi di welfare da un lato, sul mercato del lavoro dall’altro. Quanto questi temi siano centrali questi temi per i cittadini europei lo dicono i dati dell’Eurobarometro 2023, che InfoData ha visualizzato nel grafico che apre questo pezzo. Il filtro al di sopra del titolo permette di selezionare una delle questioni demografiche rispetto alle quali è stato interrogato il campione. Il totale delle risposte del singolo paese supera 100 perché erano ammesse due risposte.
Secondo questo report, il 42% dei cittadini dell’Unione ritiene che l’invecchiamento della popolazione sia la sfida demografica più importante, mentre il 40% indica la conseguente riduzione della percentuale di persone in età da lavoro come la più pressante. Guardando ai singoli stati, la Polonia (57%) è quella in cui l’invecchiamento della popolazione è maggiormente sentito come problematico. Mentre i Paesi Bassi (55%) sono la nazione in cui gli effetti demografici sul mercato del lavoro sono considerati prioritari. Per i cittadini ungheresi, invece, il tema più importante riguardano lo spopolamento e la fuga dei cervelli (58%). E l’Italia? Per il 38% il problema principale riguarda la popolazione che invecchia, per il 33% la riduzione della forza lavoro. Percentuale, quest’ultima, identica per coloro che ritengono la fuga dei cervelli come il tema demografico più urgente da affrontare.
Il secondo tema al centro della presidenza ungherese riguarda i fondi di coesione, ovvero quelle risorse che vogliono migliorare il benessere all’interno delle regioni europee, riducendo le disparità interne all’Unione. Nonostante questo sforzo, le differenze restano ampie, come mostra la mappa sulla quale è mostrata la variazione del Pil tra il 2001 ed il 2021. Più nel dettaglio, viene valutata la crescita del prodotto interno lordo di una singola regione rispetto a quella media dell’Unione europea e della nazione di appartenenza.
Le regioni colorate di blu più scuro sono quelle nelle quali il Pil è cresciuto più della media europea e più di quella nazionale. Mentre in rosso più scuro sono rappresentate quelle la cui crescita è inferiore ad entrambi questi lavori. Un colore, quest’ultimo, che riguarda 18 delle 21 regioni e province autonome italiane. Fanno eccezione la Lombardia, la Basilicata e l’Alto Adige, che hanno superato la media nazionale, ma non quella continentale. Più in generale, sono le regioni dell’Est europea, comprese quelle che appartenevano alla Repubblica democratica tedesca, ad avere segnato livelli di crescita del Pil superiori a quelli europei. In queste regioni, il prodotto interno lordo pro capita è aumentato in questi vent’anni tra il 52 e l’80%.
Il terzo tema misurabile con i dati riguarda la competitività. Uno degli obiettivi della presidenza ungherese riguarda infatti il rafforzamento a lungo termine della competitività europea. Processo, quest’ultimo, all’interno del quale la questione energetica gioca un ruolo cruciale. Due le metriche che consentono di misurare l’avanzamento dei paesi europei sotto questo profilo. Il primo, più intuitivo, riguarda la quota di energie prodotta da fonti rinnovabili. Il secondo, invece, è l’indice di diversità di approvvigionamento energetico. Si tratta di un indicatore numerico, il cui valore è compreso tra 0 e 1: minore è il suo valore e più sono diversificate le fonti grazie alle quali un paese si alimenta.
Per quanto riguarda l’Italia, il valore di questo indice (0,25) è il quarto più alto a livello europeo, dietro solo a Malta (0,37), Lituania (0,31) e Grecia (0,29). Mentre, sul fronte della quota di energia da fonti rinnovabili, rimane tra i paesi in cui è inferiore al 20%. Bene precisare che questi dati fanno riferimento al 2022: solo lo scorso anno nel nostro paese sono stati installati impianti fotovoltaici per 30mila megawatt di potenza, con un incremento anno su anno del 21%. Verosimilmente, quindi, i numeri relativi all’Italia sono migliorati.
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