Il Pil della Sicilia, nel 2023, ha registrato una crescita rispetto al precedente anno pari al +2,2%. Molto bene anche la Calabria, che porta a casa un +1,4%, come anche la Puglia, che totalizza un +1,2%. Risultati che fanno ben sperare, soprattutto se comparati con i valori – meno felici, questi – delle decrescite o dei Pil stazionari registrati in altre zone della penisola e anche oltre i confini del Bel Paese, a livello continentale. Questo è quanto riportato dall’ultimo rapporto dell’Ufficio statistico dell’Unione Europea, l’Eurostat, che fa il punto sugli andamenti macroeconomici nelle regioni del vecchio continente, dove nel 2023 il PIL reale è aumentato in 154 regioni dell’UE, mentre sono state registrate diminuzioni in 85 altre aree. Ma dove si è percepita maggiormente la variazione ottimale? E dove si è verificata, invece, una decrescita?
Secondo quanto riportato dall’Ufficio Statistico, la regione europea con la maggiore crescita del PIL è stata Malta, con un aumento pari al 6,7%, seguita da Severen Tsentralen in Bulgaria (+5,8%), Illes Balears insieme alle Canarias in Spagna, (rispettivamente +5,7% e +5,1%) e all’area del Hovedstaden, in Danimarca (+5%).
Ma, oltre a questi apici positivi, ci sono anche numeriche in discesa (alcune molto rilevanti). Infatti, a differenza del 2022, quando il calo più elevato del PIL si attestava ad appena il -3%, nel 2023 si sono registrate decrescite che raggiungo quasi cinque volte le diminuzioni avvenute nel precedente anno. Parliamo, ad esempio, del -14,1% registrato nel Vorarlberg, in Austria, e del -12,9% in Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Ma non finisce qui, troviamo in coda anche l’area del Groningen, nei Paesi Bassi (con un -11,1%), la regione meridionale dell’Irlanda (-10,9%) e Norra Mellansverige, in Svezia (-7,7%).
Infine, guardando alle aree che rilevano una percentuale stazionaria, il report rivela soltanto cinque regioni dell’UE inflessibili nei riguardi del PIL relativo al 2022. Tra queste anche un’italiana: l’Emilia-Romagna.
Un discorso diverso si potrebbe fare per ciò che è stato rilevato in termini di Pil pro capite, espresso come standard del potere d’acquisto, per capire il tenore di vita nelle diverse regioni dell’Unione Europea. Guardando a questo indice di comparazione (impostato con l’asticella della media dei Paesi UE a 100 e facendo dunque un confronto tra le regioni europee al di sotto della media e quelle al di sopra di tale soglia) si nota che il Mezzogiorno d’Italia si presenta tra i fanalini di coda a livello continentale. Le numeriche, del resto, sono tutte molto al dì sotto della media europea. La Basilicata, fra tutte le regioni del meridione, spicca con un indice pari al 74,9% della media UE. È seguita dalla Puglia, con un 64,1%, dalla Campania, con un 63,4%, e dalla Sicilia, con un 62,5%. La Calabria è distaccata rispetto a questo gruppo, anche se di poco, con il suo 57,6%, dimostrando numeriche simili alle regioni dell’estremo est europeo. Bene, invece, per la Lombardia, che in termini pro capite registra un indice intorno ai 134 punti percentuali. Ma, fra tutte le regioni d’Europa, quali hanno avuto l’indice più alto? E quali il più basso?
Secondo lo studio, dopo l’Irlanda dell’Est e delle Midlands, le regioni leader, nei dati del 2023, sono state il Lussemburgo (236,8% della media UE), l’Irlanda del Sud (224,7%), Praga (192,8%) e la regione belga Hoofdstedelijk Gewest (190,6%). La ricerca spiega che l’elevato PIL pro capite di queste regioni (Lussemburgo, Bruxelles e Praga) può essere in parte dovuto all’afflusso di lavoratori pendolari e da alcune grandi imprese multinazionali domiciliate nelle regioni (in Irlanda del Sud, dell’Est e del Midland). Numeri che fanno capire, in definitiva, quanto il Sud Italia sia lontano e discostato dalle zone europee con un tenore di vita elevato.
Per approfondire.
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