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cronaca

Quanto è importante la religione per sentirsi italiani?

Per il 33% degli italiani sì, è importante, per il 18% addirittura moltissimo, che ci pone fra i paesi europei con la maggiore convinzione che l’appartenenza a una nazione dipenda in buona misura dalla religione (prima ancora che dalla fede, ma questo è un tema oramai solo per teologi purtroppo).

Consideriamo gli altri due principali paesi cattolici europei. In Francia solo il 14% dei cristiani intervistati considera la religione come fondamento dell’identità nazionale, in Spagna il 13%. Altri paesi cristiani ma non di tradizione cattolica quali Germania, Regno Unito, Svezia, raggiungono percentuali intorno al 20% con una fetta però significativamente più ampia di popolazione (intorno al 70%) che dichiara che la religione non deve essere assolutamente parte dell’identità di un paese, mentre in Italia lo pensa solo il 44% degli intervistati, mentre il 22% dice mantiene sul diniego toni più moderati.

È interessante notare che i giovani italiani sono molto meno tradizionalisti dei loro genitori: solo il 7-8% dei 18-49 enni afferma che essere cristiano (cattolico peraltro ça va sans dire) è importante per dirsi italiano, contro il 23% degli over 50.

Questi dati provengono da un’ indagine condotta dal Pew Research Center statunitense, che da molto tempo pubblica sondaggi fra le altre cose sulla percezione delle persone intorno al fenomeno religioso. L’obiettivo di questo lavoro era quantificare la prevalenza delle diverse opinioni sul “nazionalismo religioso” nei vari paesi del mondo, sia nelle persone che si considerano credenti che in quelle che si considerano disinteressate alla religione. Il Centro ha intervistato circa 55.000 persone in 36 paesi tra gennaio e maggio 2024, cercando di definire con precisione i contorni di un fenomeno finora sfuggente.

La religione del ricco e del povero

Le nazioni a medio reddito mostrano una forte tendenza a considerare l’appartenenza alla religione storicamente predominante come elemento fondamentale dell’identità nazionale. Al contrario, nei paesi ad alto reddito, questa connessione appare significativamente più debole. Il contrasto è evidente confrontando Tunisia e Svezia: l’86% dei tunisini considera l’essere musulmano fondamentale per l’identità nazionale, mentre solo il 3% degli svedesi attribuisce la stessa importanza all’essere cristiano. nella maggior parte dei paesi occidentali, confrontando la religione con altri elementi dell’identità nazionale – lingua, luogo di nascita, costumi e tradizioni – emerge che la religione tende a posizionarsi agli ultimi posti. Nei paesi ad alto reddito come Australia, Canada, Francia, Giappone, Corea del Sud, Spagna e Svezia, praticamente nessuno tra i non affiliati considera l’appartenenza religiosa importante per l’identità nazionale. Al contrario, in paesi a medio reddito come Brasile, Colombia, Perù e Sudafrica, circa un quinto o più dei non affiliati la considera molto importante, nonostante la loro personale mancanza di affiliazione.

Che fattori influenzano questa percezione?

L’analisi ha identificato quattro variabili principali che influenzano la percezione del rapporto tra religione e identità nazionale. Anzitutto chi si identifica con la religione storicamente predominante nel proprio paese tende maggiormente a considerarla un elemento essenziale dell’identità nazionale. In secondo luogo, le persone che pregano quotidianamente attribuiscono maggiore importanza all’appartenenza religiosa come componente dell’identità nazionale rispetto a chi prega meno frequentemente. In Malesia, il 69% di chi prega quotidianamente considera l’essere musulmano fondamentale per l’identità nazionale, contro un terzo di chi prega meno frequentemente. In Corea del Sud, il contrasto è ancora più marcato: il 46% di chi prega quotidianamente ritiene il cristianesimo essenziale per l’identità coreana, contro solo il 3% di chi prega meno spesso.
Il terzo fattore è l’età. Non solo in Italia come dicevamo, gli adulti più anziani sono più propensi delle generazioni più giovani a vedere la religione come parte centrale dell’identità nazionale. Il caso più eclatante è la Thailandia, dove tre quarti degli ultracinquantenni considerano il buddhismo fondamentale per l’identità thailandese, contro il 40% dei giovani tra i 18 e i 34 anni.
Infine, l’orientamento politico: chi si colloca politicamente a destra tende a considerare più importante l’appartenenza alla religione storica del paese come elemento identificativo nazionale rispetto a chi si posiziona a sinistra. L’orientamento politico influenza significativamente le percezioni. In Turchia, il 75% di chi si colloca a destra considera l’islam fondamentale per l’identità turca, contro un terzo di chi si posiziona a sinistra. Negli Stati Uniti, un terzo dei conservatori ritiene il cristianesimo essenziale per l’identità americana, mentre solo il 6% dei liberali condivide questa visione.

Il ruolo dei partiti populisti

In Europa, emerge un legame significativo tra il sostegno ai partiti populisti di destra e l’importanza attribuita alla religione nell’identità nazionale. In Polonia, il 40% dei sostenitori del partito Diritto e Giustizia (PiS) considera il cristianesimo fondamentale per l’identità polacca, contro l’11% dei non sostenitori. Pattern simili si osservano tra i sostenitori dei partiti populisti di destra in Francia, Ungheria, Italia, Spagna e Regno Unito.
Questa complessa rete di correlazioni tra religione, politica e identità nazionale evidenzia come la percezione dell’appartenenza religiosa sia profondamente intrecciata con fattori demografici, ideologici e socio-economici, creando un mosaico di visioni diverse sulla natura stessa dell’identità nazionale.

Paesi con più religioni predominanti

In alcuni paesi, come Giappone, Nigeria e Corea del Sud, dove coesistono più religioni storicamente significative, le differenze nelle percezioni sono relativamente contenute. In Giappone, per esempio, il 6% considera molto importante il buddhismo per l’identità nazionale, mentre il 5% attribuisce la stessa importanza allo shintoismo. In Nigeria, invece, le percentuali sono più elevate e bilanciate: il 49% per il cristianesimo e il 48% per l’islam.
Israele rappresenta un’eccezione significativa: essere ebreo (34%) è considerato secondo solo alla padronanza dell’ebraico (43%) come elemento identitario. La Tunisia si distingue come l’unico paese dove la religione è considerata il fattore più importante dell’identità nazionale.

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