Se nel motore di ricerca “Oldest Search” si cercasse il termine “Trumpcession” il risultato sarebbe un articolo del professore Kim Richard Nossal del 2018, ma tale neologismo non appartiene solamente al passato ed è, anzi, tornato recentemente in auge.
Nel blog di Nossal, la “Trumpcession” è una recessione riferita al mondo della politica estera, mentre ora la sua comparsa nei media vuole rappresentare la recessione che si teme il Tycoon possa portare all’economia statunitense.
The Guardian raccoglie le paure e i timori degli analisti, riassumendo gli ambiti in cui le scelte del presidente sembrerebbero star danneggiando l’economia degli Stati Uniti.
Per recessione economica, nonostante qualche definizione tecnica più meticolosa, generalmente si intende un periodo di due trimestri consecutivi in cui si è assistito a una contrazione della produzione economica, rappresentata, ad esempio, da una crescita negativa del prodotto interno lordo.
Il centro UCLA Anderson Forecast, nel mese di marzo 2025, ha pubblicato un articolo con un titolo che ben rappresenta la percezione degli analisti sulle politiche della nuova amministrazione: “Trump Policies, If Fully Enacted, Promise a Recession”.
Gli analisti di Goldman Sachs, dopo aver integrato nelle loro previsioni i dazi e l’inflazione, hanno stimato un aumento della probabilità di recessione negli Stati Uniti dal 15% al 20%. In maniera simile, Morgan Stanley ha rivisto le sue previsioni sulla crescita del prodotto interno lordo nel 2025, passando da 1.9% a 1.5%, affermando che le politiche dei dazi e quelle migratorie hanno giocato un ruolo chiave in questo aggiornamento.
Cosa accade alle borse? L’indice S&P 500, uno dei principali indicatori per misurare l’andamento del mercato azionario statunitense, è spesso influenzato da una vasta gamma di fattori e, tra questi, l’entrata in carica di un nuovo presidente può avere un impatto significativo. L’inizio di una nuova amministrazione segna, infatti, un periodo di incertezze politiche, ma anche di aspettative riguardo alle politiche economiche future che possono influenzare direttamente i mercati finanziari.
Per analizzare la reazione dell’indice S&P 500 all’insediamento di ciascun nuovo presidente, sono stati estratti i dati da Yahoo Finance, focalizzandosi sui primi cento giorni di ogni amministrazione.
L’andamento dell’indice non solo riflette la risposta dei mercati alle politiche economiche adottate dai presidenti, ma fornisce anche un’indicazione più ampia sullo stato generale dell’economia statunitense; infatti, essendo composto dalle 500 aziende a maggiore capitalizzazione, lo S&P 500 rappresenta una metrica affidabile della fiducia degli investitori e delle prospettive di crescita del paese.
Un confronto più equo tra i vari presidenti richiede paragonare ciascun prezzo di chiusura rispetto a quello che si aveva a inizio mandato, quindi è stata applicata una normalizzazione dei dati: ogni valore del prezzo di chiusura dell’indice è stato diviso per il prezzo di chiusura del giorno in cui il presidente ha assunto la carica e successivamente moltiplicato per 100. Questo ha permesso di standardizzare i dati, facendo partire ogni serie temporale da un valore pari a 100, indipendentemente dal livello iniziale dell’indice al momento dell’insediamento. In questo modo, ogni serie rispecchia la variazione relativa dell’indice durante i 100 giorni, facilitando il confronto tra i diversi presidenti.
Il risultato dell’analisi è evidente e il perché, anche.
Appena insediato, Trump non ha atteso un momento per mettere in atto le sue idee: sono iconici i video in cui firma, davanti le telecamere, numerosi decreti con un pennarello nero talmente grande che il suono è stato addirittura catturato dai microfoni.
I dazi, le politiche migratorie e i tagli alla spesa pubblica, specialmente nei settori della ricerca medica, della sanità, dell’istruzione e delle infrastrutture stanno gravando pesantemente sull’economia statunitense.
La politica protezionistica in ambito commerciale ha portato a tensioni con partner internazionali, innescando un botta e risposta a suon di dazi che ha fatto aumentare i costi per le imprese dipendenti da componenti importati, riducendo i loro profitti e destabilizzando il mercato.
Una riduzione della spesa pubblica in settori chiave e utili alla società potrebbe aver ridotto la domanda aggregata, provocando una contrazione dell’economia, mentre le nazionalistiche politiche migratorie potrebbero aver fatto perdere manodopera al settore dell’edilizia, il quale si ritrova spesso a fare da spinta al ciclo economico.
L’indice S&P 500 ha registrato la peggiore performance rispetto alle tre amministrazioni precedenti e i risultati di altri indicatori economici potrebbero far pensare che la “Trumpcession” sia già qua.
L’amministrazione riuscirà a invertire la tendenza o Donald Trump verrà ricordato per aver posto la sua imponente e rumorosa firma anche sulla recessione dell’economia statunitense?