C’è chi da diversi anni se lo è chiesto e da questa domanda ne è nato un report annuale che prova a dare una risposta a carattere mondiale cercando di fornire un numero che possa rappresentare al meglio questa condizione.
il World Happiness Report offre uno sguardo approfondito sul livello di benessere delle popolazioni in tutto il mondo, classificando la felicità dei diversi Paesi sulla base di indicatori chiave, tra cui il PIL pro capite, il supporto sociale, l’aspettativa di vita in buona salute, la libertà nelle scelte di vita, la generosità e la percezione della corruzione.
Questi sei indicatori vengono valutati in una scala che va da 0 a 10 su un campione di circa mille persone per ogni paese coinvolto, arrivando ad avere un totale di oltre 140mila intervistati su scala mondiale, per poi essere aggregati su un periodo di tre anni.
Noi della redazione di Info Data abbiamo così deciso di dare uno sguardo all’edizione del 2025 in cui si prendono in esame i valori con riferimento al triennio che va dal 2022 fino al 2024.
Nei grafici che seguono potete trovare i dati delle macro-regioni (continenti) così come quelli dei singoli paesi il cui valore è associato ad un gradiente semaforico che vira dal rosso dei valori più bassi fino al verde di quelli più alti, passando attraverso il giallo.
Selezionando una delle macro-regioni, verrà fatto un focus sulle sole nazioni ad essa appartenenti ed il gradiente di colore verrà “riscalato” così che sia possibile vedere come cambia lo scenario tra i vari continenti esaminati.
Come di consueto , la Finlandia si conferma sempre come il paese con l’indicatore di felicità più alto, potendo vantare un 7,7 che la pone davanti a Danimarca ed Islanda, entrambe appaiate a quota 7,5.
I paesi che seguono vedono tutti una matrice di stampo europeo nordico anche se tra i quarti a pari merito con 7,3 spunta il Costa Rica che emerge come la nazione più performante del Nord-Centro America, facendo meglio anche di Stati Uniti (6,7) e Canada (6,8).
Israele (7,2) continua a rimanere stabile nelle parti alte della classifica nonostante l’ultimo triennio sia stato caratterizzato dall’amplificarsi del conflitto conto la Palestina, precedendo di un decimo di punto il Lussemburgo per chiudere “in anticipo” la top 10 che vedrebbe a pari merito altri tre paesi, vale a dire Australia Messico e Nuova Zelanda, aventi 7,0 come valore complessivo.
E se fino ad ora abbiamo guardato solo alla parte alta della classifica, capovolgendo il punto di vista la bottom 10 si apre con l’Afghanistan che a fronte di un misero 1,4 può fregiarsi del poco lusinghiero titolo di nazione meno felice secondo il World Happiness Report.
Seguono Sierra Leone (3,0), Libano (3,2), Malawi (3,3) Zimbabwe (3,4), Botswana (3,4), Repubblica Democratica del Congo (3,5), Yemen (3,6), Tanzania (3,8) e Lesotho (3,8).
Esaminando le macro aree geografiche, l’Oceania (pur avendo solo due nazioni) figura come prima della lista a fronte di un valore medio pari ad un 7 pieno, seguita dal Nord America (6,6), Europa e America centrale (6,4), America del Sud (6,2), Asia (5,5), Medio Oriente (5,1), chiudendo infine con l’Africa (4,4) senza grosse sorprese, specialmente se si pensa alla bottom 10 a cui abbiamo fatto riferimento poco sopra.
Se spostiamo l’attenzione dalle parti di casa nostra, magari stando in Europa, si può notare come l’area balcanica e del sud-est sia quella con i valori tendenzialmente più bassi, avendo poi come limite inferiore il caso dell’Ucraina (4,7), decisamente impattata dal recente conflitto contro la Russia.
Nel quadro complessivo, l’Italia (6,4) si classifica al 39esimo posto condividendo questa posizione con Estonia, Panama, Argentina, Kazakistan, Guatemala, Cile e Vietnam.
Aspettando i dati del prossimo anno, è bene ricordare che il World Happiness Report non è solo una classifica, ma uno specchio delle condizioni di vita nei diversi paesi e un invito a riflettere su ciò che davvero contribuisce al benessere collettivo.
Se da un lato emergono modelli virtuosi da cui trarre ispirazione, dall’altro si evidenziano le sfide ancora aperte in molte parti del mondo.
Questo ci dovrebbe far riflettere su come la felicità, dati alla mano, non dipende solo dalla ricchezza economica, ma anche da fattori come la coesione sociale, la fiducia nelle istituzioni e la qualità delle relazioni umane.
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