È al vaglio del Consiglio dei Ministri per l’approvazione finale il testo per la riforma delle partecipate pubbliche. La riforma punta a cancellare le società di troppo e imporrà la chiusura o l’alienazione delle aziende troppo piccole, di quelle con più amministratori che dipendenti e di quelle che non rientrano nei servizi pubblici locali o negli altri settori di attività consentiti per l’intervento della Pa.
Rispetto alla prima stesura, tuttavia, i criteri di selezione appaiono meno rigidi: il fatturato minimo per salvare le società partecipate passerà dal milione a 500mila euro, mentre le perdite in quattro anni su cinque dovranno essere superiori al 5%.
Entro sei mesi gli enti proprietari dovranno scrivere un piano di razionalizzazione delle loro società. L’obiettivo del governo è di ridurre le partecipate da 8mila a circa un migliaio.
Sarà importante gestire gli esuberi che si andranno a creare con l’alienazione e con gli obblighi di revisione degli organici per le società che sopravvivono. Le regioni avranno un ruolo primario e dovranno favorire la mobilità territoriale e, entro sei mei, trasmettere gli elenchi all’agenzia nazionale per il lavoro creata con il Jobs Act.