L’arresto della crescita economica non è un problema circoscritto all’Europa. A soffrire sono le economie di tutto il mondo, non ultima quella statunitense.
Addirittura nei primi due trimestri dell’anno gli Stati Uniti hanno generato una crescita inferiore a quella della zona euro: +0,2% e +0,3% sui trimestri precedenti, rispetto al +0,6% e +0,3% dell’Europa.
Ma quali sono le cause dello stallo dell’economia?
Secondo gli analisti, alcuni fattori di arresto sono determinati dalle scelte sbagliate dei governi. In primis, l’inasprimento della politica fiscale e la riduzione drastica degli investimenti pubblici. Questi ultimi sono calati in Europa del 13%, con picchi di -62% per il Portogallo o di -58% per la Spagna.
Anche sul fronte del commercio, la politica dei governi sembra puntare nella direzione del protezionismo che inevitabilmente riduce le possibilità di espansione degli scambi su scala globale: nel 2015 e nel 2016 le esportazioni mondiali sono cresciute dell’1,1% contro il 5,7 medio annuo dei 5 anni precedenti.
Infine, a remare contro la crescita, un fattore strutturale difficilmente arginabile: il calo della natalità. Più la popolazione invecchia, infatti, più calano i consumi e aumentano le spese sanitarie e previdenziali. Di conseguenza l’economia cresce meno.
Finora i tre Paesi a rischio elevato di invecchiamento sono Italia, Giappone e Germania, ma entro il 2020, stima Moody’s, il trend si potrebbe allargare a Olanda, Francia, Gran Bretagna, Svezia, Slovenia, Croazia e Portogallo.