«L’operazione verità», come ha definito l’assessore romano ai trasporti Linda Meleo il “riallineamento” degli orari dei bus capitolini al numero di mezzi davvero in grado di muoversi, ha certificato l’addio a quasi 4mila corse e peggiorato l’umore già nero dei viaggiatori. Per l’assessore la nuova botta al già zoppicante trasporto pubblico della Capitale rappresenta «l’eredità di Rettighieri», ma sono i bilanci e i documenti ufficiali dell’Atac a mostrare che il problema è strutturale, e va ben al di là delle polemiche fra la giunta e l’ex direttore generale dell’azienda scelto a febbraio scorso dall’allora commissario Tronca per la sfida ardua di raddrizzare la baracca e uscito di scena la scorsa settimana insieme all’amministratore unico Armando Brandolese dopo aver accusato proprio Meleo di «pesanti ingerenze» sulla gestione.
Bastano due numeri a individuare le ragioni che bloccano in deposito oltre mille autobus ogni giorno, cioè quasi la metà del parco mezzi Atac, e moltiplicano i tempi di attesa alle fermate per romani e turisti. L’anno scorso per la manutenzione e il rinnovo dei mezzi l’azienda capitolina dei trasporti ha investito 16,4 milioni di euro: una miseria, meno di un decimo rispetto ai 172 milioni messi sul piatto alla stessa voce dall’Atm, che tra Milano e hinterland e le province di Monza, Bergamo, Lecco e Como raggiunge una dimensione confrontabile con il disastrato colosso romano. È proprio il paragone con la municipalizzata milanese, azienda risanata dopo anni difficili, a rendere palesi per contrasto i problemi di Atac: Milano batte Roma sui chilometri percorsi (169,5 milioni contro 150mila), ma la Capitale non conosce rivali sui dipendenti (11.878 contro i 9.695 in forza all’Atm), con il risultato che i chilometri per dipendente, indicatore chiave per misurare la produttività di un’azienda di trasporti, si fermano a Roma il 38,1% sotto al livello lombardo.