Il Veneto è la regione in cui si è votato di più (76,7%), superando anche Emilia e Toscana, rispettivamente al 75,9% e 74,5% di affluenza. Calabria, invece, fanalino di coda con “appena” il 54,4% di partecipazione. Colpisce il dato del Sud (dal Lazio alla Sicilia) dove si è recato alle urne il 61,6% degli elettori, ma è anche la zona nella quale si è registrata la più alta percentuale di No, il 67,4% contro il 57,3% del Nord e il 48,8% della “zona rossa”.
Se già le percentuali di No di Sicilia e Sardegna (71,6 e 72,2) fanno pensare a una polarizzazione del voto tra centro e periferia, i dati che vengono dalle città confermano il sospetto: il Sì è andato meglio nelle centri urbani con più di 100mila abitanti e nei capoluoghi. Esemplare è il caso di Milano dove il voto positivo ha prevalso nei quartieri centrali, per poi perdere in quelli periferici.
Un voto che è stato evidentemente percepito dalla maggioranza come una vera e propria elezione politica. Prova ne è il buon risultato del Sì nelle regioni “rosse”. Il bilancio complessivo è stato di 12 province su 106 a favore della riforma, 11 delle quali tra Emilia e Toscana. Mentre sul fronte del No è il M5S ad aver mobilitato la percentuale più consistente dei propri potenziali elettori al voto (fra il 76 e il 100%), con l’eccezione di Parma. Anche la Lega mostra grande compattezza, ma solo nelle roccaforti di Brescia e Treviso.