Per quanto al momento non sia esattamente al centro della campagna elettorale, quello della disoccupazione giovanile è uno dei principali problemi che il prossimo governo, quale che sia, sarà chiamato ad affrontare. Sul tema, la legislatura che volge al termine ha visto l’introduzione del contratto a tutele crescenti e di diversi bonus per le assunzioni di giovani, legate principalmente al taglio della contribuzione dovuta dalle imprese. In due parole, il Jobs Act. Avrà funzionato?
InfoData ha deciso di provare a fare il punto sull’argomento, cercando di capire come siano cambiate le cose dal 2013 ad oggi e quale sia il quadro con il quale dovrà fare i conti il prossimo esecutivo. Per farlo ha utilizzato i dati sulla disoccupazione giovanile messi a disposizione dall’Istat. Con due precisazioni importanti. La prima fa riferimento al fatto che ancora manca il dato relativo al 2017, ovvero l’ultimo anno della legislatura. La seconda riguarda la definizione di disoccupati: Istat considera tali solo i giovani che stiano cercando lavoro e non lo trovino. Quelli che stanno completando le secondarie di secondo grado o l’università, ed hanno scelto o possono permettersi di concentrarsi esclusivamente sugli studi, sono esclusi dal computo. Fatte queste premesse, si può iniziare osservando il quadro generale:
Come si può notare, il grafico presenta i dati suddivisi per classi di età: quelli che hanno un età in cui si stanno ancora completando gli studi, tra i 15 ed i 24 anni, e quelli che, al netto di master e dottorati, dovrebbero già essere inseriti nel mondo del lavoro, ovvero tra i 25 ed i 34 anni. In più si è deciso di aggiungere una fascia di mezzo, che abbraccia entrambe e rappresenta i giovani tra i 18 ed i 29 anni.
Il colore della retta rappresenta il genere: con poca fantasia si è scelto il blu per i maschi, il viola per le femmine, mentre il marrone rappresenta il dato totale. E già da qui si nota come la situazione sia sempre e comunque peggiore per le ragazze, il cui tasso di disoccupazione è più alto di quello maschile, a prescindere dalla classe di età.
Altro elemento interessante, dal 2014 in avanti il dato relativo al tasso di disoccupazione è in calo. Almeno tra i più giovani, visto che per la fascia tra i 25 e i 34 anni non è cambiato molto negli ultimi anni. Ora, il 2014 è l’anno che ha visto l’introduzione del Jobs Act. Che dunque, almeno dal punto di vista quantitativo e per la fascia più giovane della popolazione, ha funzionato. Questi dati Istat non dicono, però, se abbia fatto lo stesso dal punto di vista qualitativo. Non dicono cioè se le assunzioni siano avvenute sulla base di un contratto a tempo indeterminato o su uno precario.
Ora, tra novembre 2016 e lo stesso mese del 2017, afferma sempre l’Istituto di statistica in un altro report, 497mila persone hanno trovato lavoro: ma solo 47mila a tempo indeterminato. Non ci sono indicazioni rispetto alla loro età, quindi non è possibile un raffronto. Difficile però pensare che tutti i 47mila assunti con un posto “sicuro” abbiano meno di 35 anni. Così come non è misurabile l’impatto degli incentivi alle assunzioni: quante aziende hanno scelto le tutele crescenti per il taglio dei contributi per i primi tre anni? Avrebbero fatto lo stesso senza? Domande che questi numeri dell’Istat lasciano senza risposta.
Si ha più fortuna se ci si domanda dove, ovvero in quale provincia, sia più grave il problema della disoccupazione giovanile. La risposta è che per la fascia tra i 25 ed i 34 anni la situazione sia decisamente peggiore nel Mezzogiorno, mentre se ci si concentra sugli under 24 anche nel Nord Italia i numeri sono molto alti: a Milano, per fare un esempio, un ragazzo su tre non riesce a trovare lavoro. Tutti i dettagli sono contenuti in questa mappa:
Intanto, i colori: più dal giallo si vira verso il rosso, più è alto il tasso di disoccupazione. Quindi, i filtri: “Regione” è uno zoom, “Classe di età” e “Genere” consentono di spostare l’attenzione su un’altra fascia di età o su un genere in particolare. Di default viene visualizzato il dato relativo alla fascia compresa tra i 25 ed i 34 anni. Quella cioè che dal 2013 ad oggi ha visto rimanere sostanzialmente stabile il tasso di disoccupazione. Per la quale cioè, indipendentemente da discorsi di quantità e qualità, il Jobs Act non ha funzionato. Se con il cursore (o il dito per chi legge da mobile) ci si sposta sul territorio di una singola provincia, appare un pop-up. All’interno del quale viene visualizzato l’andamento del tasso di disoccupazione dal 2013 al 2016 in quel territorio per classe di età e genere selezionato.
Il che introduce un’ultima serie di considerazioni. Come è cambiata, cioè, la situazione sul territorio dall’inizio della legislatura al 2016, ultimo anno per il quale sono disponibili i dati? La risposta è contenuta in questa mappa:
La mappa rappresenta la differenza tra il tasso di disoccupazione registrato nel 2013, sempre suddiviso per genere e classi di età, e quello che Istat ha fotografato nel 2016. Nei territori dipinti di azzurro, questo indicatore si è ridotto. In quelli colorati di arancione, invece, la quota di giovani che non trova lavoro è cresciuta.
Difficile individuare una tendenza univoca. A seconda del genere e della classe di età, la situazione varia anche nello stesso territorio. Per gli amanti delle classifiche si può dire che la riduzione maggiore la si è vista in provincia di Bologna per i maschi tra i 15 ed i 24 anni. Qui il tasso di disoccupazione è passato dal 53,1 al 7,4. L’aumento maggiore, invece, per le femmine pari età residenti a Catanzario: la quota di quante non riescono a trovare lavoro è salita da 38,1 a 86,9. Che è come dire che se dieci in questa zona della Calabria dieci giovani donne si mettono a cercare lavoro, solo una riesce a trovarlo. Anche se non se ne parla molto in campagna elettorale, sono queste le dimensioni del problema.