Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
economia

Il voto ai partiti, il lavoro e il titolo di studio: esiste una correlazione?

Capire perché le persone fanno quel che fanno e votano quel che votano è difficile. I dati sono scarsi e spesso poco recenti o non dettagliati abbastanza, e in più nelle scienze sociali stabilire legami di causalità fra elementi diversi spesso è tutt’altro che banale. Per scoprire se esistono correlazioni del voto ai partiti con l’occupazione, il lavoro e il titolo di studio un modo un po’ rozzo ma efficace è dividere l’Italia in aree più omogenee, e verificare se anche al loro interno il voto segue lo stesso filo quando c’è più o meno lavoro. Lo stesso principio è stato applicato a tutti gli altri elementi che abbiamo provato a correlare al voto nel resto di quest’analisi.

Se facciamo questo piccolo esercizio, troviamo che in effetti il legame fra lavoro e voto ai 5 stelle diventa molto più debole, ma comunque in qualche misura ancora esiste.

A parlare di lavoro e calo dello stesso, la prima cosa che viene in mente è la crisi economica cominciata nel 2008 e i tanti posti andati persi da allora. Viene naturale associare l’ascesa di partiti come il Movimento 5 Stelle a cause economiche recenti, ma questo ha qualche base nell’evidenza che abbiamo a disposizione? Un modo per cercare di capirlo è cercare di associare i voti alla variazione nel numero di persone che hanno un impiego nelle diverse province italiane, dall’inizio della recessione fino al periodo più vicino a noi.

Se il suo fosse un voto di reazione al fatto che c’è meno lavoro rispetto a qualche anno fa, in teoria dovremmo trovare che il Movimento 5 Stelle cresce dove il tasso di occupazione è calato di più. Eppure già facendo questo confronto nell’intera Italia un qualche rapporto fra le due cose certo compare, ma risulta piuttosto debole.

Quando poi segmentiamo l’analisi su aree geografiche più ristrette, il legame diventa ancora più tenue, fino a scomparire del tutto al sud dove non sembra proprio che i voti ai 5 stelle siano cresciuti nelle province dove il lavoro ha sofferto in misura maggiore.

Un’altra possibilità che possiamo esplorare è capire se esiste un qualche legame fra il voto a Lega o Movimento 5 Stelle e la diffusione del lavoro a tempo determinato. In questo caso, come in quelli che seguiranno, purtroppo l’Istat non dispone di dati che arrivano a livello provinciale, e quindi dobbiamo fermarci alle sole regioni – il che rende l’analisi meno robusta e più suscettibile a eventuali errori, sopratutto quando poi passiamo a studiare solo il nord o il sud, ma come che sia questo passa il convento.

Dal punto di vista del lavoro a termine, a una prima occhiata sembra gli elettori dei due principali partiti anti-sistema seguano linee del tutto opposte: nel meridione con più lavoro a tempo determinato cresce il consenso per i 5 stelle, mentre al settentrione dove queste forme contrattuali si usano meno la Lega va meglio.

Anche qui però la forte segmentazione geografica può ingannarci, e in effetti prendendo solo le regioni a nord o solo quelle a sud il legame diventa meno forte, e anzi in alcuni casi scompare proprio.

Un altro fattore chiave, almeno in potenza, è l’istruzione. Alcune analisi hanno trovato che, sia nel voto inglese sulla Brexit che in quello nelle presidenziali americane, proprio lo studio risulta il singolo fattore più associato al voto “populista”: persone con titoli di studio meno avanzati hanno – in media, s’intende – scelto il candidato con maggiore frequenza il candidato repubblicano o di lasciare l’Unione Europea.

Nel caso italiano l’evidenza in proposito sembra molto meno chiara, e il fatto che fra nord e sud Lega e Movimento 5 Stelle abbiano tendenze opposte rende il tutto un po’ sospetto e senz’altro meritevole di ulteriori analisi. Da un lato infatti abbiamo una macro-area – il nord – dove le persone che hanno una laurea tendono a essere di più e insieme il supporto alla Lega risulta elevato, dall’altro nel sud troviamo il caso contrario che invece potrebbe confermare l’ipotesi di un legame fra istruzione e voto ai 5 stelle.

I numeri però restano ancora troppo confusi per farsi un’idea precisa in un verso o nell’altro. Per esempio prendendo solo il nord troviamo che anche la Lega tende in effetti ad andare peggio nelle regioni con più titolati, ma in mancanza di dati più dettagliati meglio non insistere oltre.

A questo poi va aggiunto un ulteriore livello di complicazione, e che vale un po’ per tutto quello che è stato detto finora: ovvero che al netto dei singoli fattori che rendono un’area diversa dall’altra a incidere poi molto è anche la partecipazione elettorale, che di per sé pure è estremamente variabile. Se per ipotesi la mancanza di lavoro tende ad aumentare il consenso dei populisti, ma poi le persone sono talmente sfiduciate che comunque alle urne non vanno, ecco che il legame diventa più complesso e non è detto che a una cosa poi davvero corrisponda l’altra.

Questo potrebbe spiegare anche un’apparente contraddizione. Da un lato vediamo che nelle regioni del sud, in media meno istruite, il voto ai 5 stelle è stato preponderante. Dall’altro invece sondaggi effettuati sull’elettorato sembrano mostrare che anche i laureati tutto sommato non disdegnano il voto a questo partito. Il che si potrebbe spiegare sia con il voto dei giovani, che tendono a votare di frequente in quell’area e insieme a essere più istruiti, sia con diversi livelli di affluenza al voto fra i vari gruppi.

Qualcosa di simile si può dire anche per le persone che invece hanno la licenza media. In questo caso troviamo che al sud, dove ce ne sono di più, risultano ancora in qualche misura associate al voto ai 5 stelle. E sempre secondo alcuni sondaggi proprio i 5 stelle risulterebbero i più votati fra chi ha un livello di istruzione meno avanzato: ma di nuovo in questo senso meglio essere molto prudenti perché si tratta di gruppi diversi per ampiezza e partecipazione al voto, per cui meglio aspettare – se mai arriverà – qualche analisi più sofisticata realizzata da scienziati sociali.

L’autore ringrazia Andrea Borruso, Riccardo Saporiti e l’associazione OnData per aver raccolto i dati dei risultati elettorali dal sito del ministero dell’interno. I risultati degli scrutini sono disponibili a questo link. Per ragioni tecniche, le analisi di questo articolo non includono la Valle d’Aosta.

Ultimi commenti
  • Alessandro |

    E allora spiegami un pò come mai sul voto degli italiani all’estero ha vinto il PD? No perchè tipo cade un pò tutto quello che hai detto…. Però va bene, continuiamo pure a raccontare la favoletta dei “figli di papà” che in genere viene detta da figli di imprenditori a figli di operai. Siamo il paese dell’assurdo e tu con questa frase lo hai appena confermato.

  • Alessandro |

    E allora spiegami un pò come mai sul voto degli italiani all’estero ha vinto il PD? No perchè tipo cade un pò tutto quello che hai detto…. Però va bene, continuiamo pure a raccontare la favoletta dei “figli di papà” che in genere viene detta da figli di imprenditori a figli di operai. Siamo il paese dell’assurdo e tu con questa frase lo hai appena confermato.

  • FV |

    Analisi interessante. Il link ai dati non funziona.

  • FV |

    Analisi interessante. Il link ai dati non funziona.

  • Francesca |

    Peraltro un candidato di Casapound era plurilaureato. Ve la faccio l’analisi: votano a sx I carrieristi, gli impiegati, le grandi industrie e chissa’ perche’, molti accademici e anche qui…, votano a destra gli imprenditori, I liberi professionisti, I commercianti, chi produce lavoro e rischia personalmente ogni giorno, votano a dx quelli che hanno visto come funziona fuori Italia, chi conosce le istituzioni europee, chi legge giornali stranieri, chi verifica sulla sua pelle le riforme e non vive in iperurani dorati.

Suggeriti