Il 12 dicembre è il giorno della verità (forse) per il destino del Regno Unito nell’Unione Europea. Le elezioni anticipate, chieste dal premier conservatore Boris Johnson, serviranno per chiarire una volta per tutte la strada che Londra sceglierà per dare corso al Referendum del giugno 2016 con il quale i cittadini britannici hanno scelto di abbandonare il percorso comunitario con uno storico voto.
Quasi tutti i sondaggi sono concordi nel ritenere che i Tories, guidati dall’ex sindaco di Londra, siano in vantaggio di diversi punti percentuali sul Labour di Jeremy Corbyn, che non sfonda nonostante (o forse proprio a causa) della svolta a sinistra impressa al partito. Tuttavia, secondo diversi analisti politici, la sorte dell’Isola si risolverà in una sessantina di costituencies, nelle quali la differenza di voti è abbastanza risicata da far pendere la bilancia per uno o per l’altro partito.
Qui trovate i sondaggi aggiornati al 9 dicembre di Pool of pols su Politico.eu che danno i conservatori al 43% contro il 34 dei laburisti. Come scrive il Post secondo una media elaborata da BBC degli ultimi sondaggi realizzati sulle intenzioni di voto nel Regno Unito, la forza politica oggi con più consensi è il Partito Conservatore di Boris Johnson. Nell’ultimo aggiornamento l’analista politico senior della BBC Peter Barnes scrive: il vantaggio conservatore resta solido. “Nel corso della campagna, entrambe le parti principali hanno visto aumentare le loro valutazioni del sondaggio, ma il divario tra i due è più o meno dove era cinque settimane fa. Come ha sottolineato Sir John Curtice, se il risultato di giovedì è in linea con questi numeri, i conservatori sono probabilmente sulla buona strada per una maggioranza decente alla Camera dei Comuni”.
Qui per esempio trovate il tracker di YouGov che rileva i sondaggi sui cittadini Uk
I vantaggio conservatore, che sembrava consolidato poche settimane fa, è andato via via riducendosi. Si aggiunga che in molti casi del passato (non ultimo proprio quello del referendum sulla Brexit) le opinioni rilevate dagli istituti demoscopici presentavano margini di errori statistici tali che avrebbero dovuto essere interpretati più come oracoli che come scienza esatta.
Ma, anche a tenere per buoni i dati nazionali, c’è l’incognita del sistema elettorale. A Westminster arrivano deputati da tutto il regno, con un maggioritario uninominale di collegio a turno unico. In pratica il candidato che ottiene più voti in una determinata circoscrizione vince il seggio e ha il diritto di sedere ai Comuni per i cinque anni successivi.
Nonostante i leader abbiano cercato di polarizzare le candidature attorno alle proprie proposte, anche all’interno dei rispettivi partiti vi sono frange che dissentono, più o meno apertamente, con le posizioni ufficiali. I contrasti all’interno dei conservatori, ad esempio, hanno condotto proprio alla convocazione di nuove elezioni a solo due anni di distanza dalle precedenti. E anche tra i laburisti sono molti coloro che non hanno gradito il corso di Corbyn, dopo gli anni di un centrosinistra moderato guidato da Blair e dei suoi successori.
Ultimo fattore di disturbo è la crescita del consenso nei partiti locali o più piccoli, che potrebbero dare filo da torcere a quelli nazionali sottraendo i voti necessari per vincere nei collegi chiave. Insomma, i giochi non sono ancora fatti e il rischio di un parlamento “sospeso”, con maggioranze risicate in mano a deputati infedeli, è concreto.
L’infografica sottostante, realizzata da Flourish, mostra la situazione attuale del parlamento di Sua Maestà. Ogni esagono rappresenta un deputato, ed è colorato in base all’appartenenza politica. La mappa quindi non rispetta l’equidistanza, poiché una parte significativa di aree nella parte bassa rappresenta la sola città di Londra, ma è molto efficace per rappresentare sia la dimensione geografica che quella quantitativa.
(Hanno collaborato Luca Tremolada e Andrea Gianotti)