Da quasi tre settimane ormai la situazione dei morti per Covid-19 in Liguria è stabile, ma senza particolari segnali di miglioramento. Gli ultimi numeri della Protezione Civile, aggiornati all’8 aprile, mostrano che il quadro è peggiorato rapidamente intorno a metà marzo, per poi stabilizzarsi grosso modo a fine mese e restare circa allo stesso livello fino alle ultime rilevazioni.
In quelle due settimane il numero medio di morti al giorno per COVID-19 in Liguria è cresciuto da uno a circa trenta, con alcuni su e giù inevitabili in questo genere di situazioni, e da quel livello non è più sceso.
Nel leggere questi numeri dobbiamo ricordare che essi non riflettono esattamente il momento in cui una persona si è ammalata. Di solito dai primi sintomi alla morte passano circa due o tre settimane. È anche utile segmentare il più possibile le rilevazioni a livello locale, perché nella situazione in cui ci troviamo non esiste un unico grande focolaio nazionale quanto piuttosto tanti altri più piccoli a livello locale. In ciascuno la situazione può evolversi in maniera differente, che è in effetti quello che vediamo nei dati: solo per citare le regioni più colpite in Lombardia ed Emilia-Romagna i morti stanno lentamente diminuendo, in Piemonte, Veneto e appunto Liguria a quanto sembra ancora no.
I decessi sono con tutta probabilità l’indicatore più affidabile per farsi un’idea di come sta evolvendo l’epidemia. Il numero di casi verificati, che pure è un’altra misura di cui leggiamo spesso, dipende invece alla fine da quanti test le regioni riescono a condurre, fattore che varia in maniera enorme da un’area all’altra. Per dare un’idea, pur con un numero simile di morti il Veneto – area italiana molto attiva in questo senso – ha condotto oltre nove volte il numero di test della Liguria. Non c’è da sorprendersi dunque che in Veneto casi individuati finora siano oltre il doppio.
Se mettiamo a confronto il numero di test condotti con quello di decessi – un modo forse un po’ rozzo ma alla fine efficace per valutare quanti tamponi sono stati somministrati rispetto all’estensione dell’epidemia in regione – la Liguria emerge in effetti come la seconda regione, a pari merito con le Marche, in cui ci sono stati meno test. La differenza è enorme: parliamo di 27 tamponi effettuati in Liguria per ogni decesso, contro gli oltre 200 del Veneto.
Oltre a Istat che ha aggiornato i dati proprio oggi nove aprile 2002, un’altra fonte di dati per avere una fotografia più dettagliata consiste nel sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera (SISMG), che raccoglie informazioni su un certo numero di città italiane fra le principali, Genova inclusa. Nell’ultimo rapporto disponibile, aggiornato a fine marzo, troviamo che a febbraio i decessi totali nella città ligure erano andati da 130 a 170 ogni settimana, per poi schizzare a oltre 300 a fine marzo – molto al di sopra (e in effetti circa doppi) di quanto gli epidemiologi si aspettano in condizioni “normali”. Di solito questo è il periodo dell’anno in cui la mortalità tende a calare, perché scemano gli effetti dell’influenza stagionale. Al momento tuttavia sta succedendo l’opposto, con un eccesso di mortalità talmente grande che è impossibile da spiegare altrimenti.
Si tratta di decessi particolarmente diffusi fra gli anziani. Sempre a Genova, a febbraio c’erano stati circa 10-20 morti fra i 65-74, poi diventati 45 a fine marzo; 30-50 morti fra i 75-84enni diventati oltre 100; circa 80-90 morti fra gli ultra-85enni cresciuti ad almeno 130.
Ulteriore misura utile è quella effettuata da Raffaele Mastrolonardo su Il Secolo XIX, che ha contato il numero di ospedalizzati ogni 100mila abitanti trovando che in questo la Liguria era la quinta regione d’Italia dopo Lombardia, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna e Piemonte.
Dal punto di vista medico, le informazioni più dettagliate sono quelle dei bollettini dell’istituto superiore di sanità (ISS). Per quanto riguarda la Liguria abbiamo a disposizione un campione più limitato nel tempo – fino al 6 aprile –, ma di cui possiamo scoprire un maggior numero di dettagli. Come che fra le 2.542 infezioni diagnosticate dai laboratori di riferimento regionale l’età mediana era di 66 anni con 460 decessi. La fetta principali di casi diagnosticati è per parte sua proprio nella città di Genova.
Quelle dell’ISS sono, peraltro, le uniche statistiche che arrivano a livello comunale e contengono dati preziosissimi come le caratteristiche dei pazienti e l’eventuale presenza di malattie precedenti – fondamentali per studiare meglio come si comporta il virus. Per questa ragione abbiamo domandato all’istituto – tramite una richiesta formale di accesso (FOIA) – di fornirci tali dati, così da poterli mettere a disposizione di giornalisti, cittadini e altri esperti. Oltre tre settimane dopo tuttavia non abbiamo ricevuto risposta, né è stato possibile raggiungere telefonicamente l’istituto in merito.
Come segnala Cristina Da Rold su Infodata, infine, la regione Liguria pubblica altre informazioni nella propria sala stampa. Nell’ultimo bollettino dell’8 aprile troviamo che i positivi al COVID-19 in regione sono 4.011, 88 in più del giorno prima, mentre “da inizio emergenza sono stati effettuati 17.521 tamponi (942 in più di ieri)”. D’altra parte “i pazienti ospedalizzati sono 1262 in Liguria (16 in più di ieri), di cui 153 in terapia intensiva (tre in meno rispetto a ieri)”.
In aggiunta “sono in isolamento domiciliare 1981 persone (17 in più di ieri), mentre sono clinicamente guarite (asintomatiche ma positive e quindi in isolamento al domicilio) 768 persone (55 più di ieri). I soggetti dichiarati guariti con due tamponi consecutivi entrambi negativi sono 239 (27 in più di ieri). Sono in sorveglianza attiva al proprio domicilio 3010 persone. Le persone decedute sono complessivamente 654 (34 in più di ieri)”. Sempre nella stessa pagina troviamo anche un dettaglio dei ricoveri nei diversi ospedali.