Sembrano lontani i tempi in cui le folle sventolavano in piazza cartelli per protestare contro il salvataggio degli istituti di credito con soldi pubblici. Le rimostranze, tra il 2008 e il 2010, erano all’ordine del giorno. Ma in Europa (o meglio, nel Sud Europa) le folle avrebbero dovuto far sentire la propria voce soprattutto dopo il 2010. Perché – calcoli alla mano – mentre gli Stati sostenevano la Grecia, dietro le quinte avveniva qualcosa di ben più clamoroso: i contribuenti europei salvavano le banche di Francia e Germania molto più che il popolo greco.
Nel dicembre 2009, prima della crisi greca, si nota una forte presenza degli istituti di credito di Francia e Germania sul territorio ellenico, con un’esposizione rispettivamente pari a 78,8 e 45 miliardi di dollari. Invece le banche italiane avevano in Grecia solo 6,8 miliardi e quelle spagnole 1,21 miliardi, così che un eventuale crack greco non le avrebbero danneggiate troppo.
Nel 2014 la situazione si capovolge e, per il salvataggio di Atene, i soldi stanziati sono principalmente pubblici. Lo Stato tedesco ha ridotto notevolmente l’esposizione bancaria (13 miliardi di dollari), aumentando decisamente quella pubblica (61,7 miliardi di euro), così come lo Stato francese, esposto per 46,5 miliardi di euro. L’Italia, infine, ha aumentato la sua esposizione del 510%: dai 6,86 miliardi delle banche nel 2009, ai circa 42 miliardi attuali, quasi esclusivamente pubblici.
Da Il Sole 24 ORE del 18 febbraio 2015, pagina 2.