Per rientrare nel calcolo degli occupati non si dovranno superare i tre mesi consecutivi di assenza dal lavoro, anche se lo si è per via di una cassaintegrazione. Mentre per essere classificati come membri di una famiglia non basteranno più la coabitazione e il legame di parentela: bisognerà verificare pure la condivisione del reddito o delle spese (housekeeping), criterio che varrà per studenti e lavoratori temporaneamente assenti perchè impegnati fuori sede: restano membri della famiglia se continuano a beneficiare o a contribuire al reddito familiare.
Da aprile cambiano le rilevazioni sulle forze di lavoro che Istat – come tutti gli istituti nazionali di statistica dell’Ue – effettua nel pieno rispetto delle regole europee. Una cornice in costante evoluzione per assicurare la capacità delle statistiche ufficiali di cogliere ogni evoluzione delle dinamiche sociali e, allo stesso tempo, per garantire produzioni di dati il più possibile armonizzati e dunque pienamente comparabili.
Il Regolamento che ha introdotto le novità e indotto a una modifica dei questionari per le rilevazioni campionarie (Regolamento Ue 1700/2019) tocca, in particolare, tre situazioni che la crisi in corso ha reso più pesanti che in passato: 1) i lavoratori in Cassa integrazione guadagni (Cig) non sono considerati occupati se l’assenza supera i tre mesi, mentre prima lo erano se mantenevano una retribuzione almeno uguale al 50% dello stipendio pieno; 2) i lavoratori in congedo parentale sono classificati come occupati anche se l’assenza supera i tre mesi e la retribuzione è inferiore al 50%; 3) i lavoratori autonomi non sono considerati occupati se l’assenza supera i tre mesi, anche se l’attività è solo momentaneamente sospesa.
In sintesi, la durata dell’assenza dal lavoro (più o meno di tre mesi) diviene il criterio prevalente per definire la condizione di occupato. Mentre restano naturalmente tra gli occupati i lavoratori assenti per malattia, maternità, in congedo retribuito o in formazione, se pagato dall’azienda. E gli stagionali rientrano tra gli occupati se nei mesi di stop continuano a svolgere attività finalizzate al rinnovo del contratto.
D’ora in avanti sarà dunque considerato occupato un soggetto tra i 15 e gli 89 anni che nella settimana del rilevamento statistico ha lavorato per almeno un’ora, che non è assente da più di tre mesi escludendo le ragioni di malattia, ferie, congedo eccetera, e se è uno stagionale impegnato a riprendere l’attività. Mentre saranno considerati disoccupati i 15-74enni che nella settimana del sondaggio non lavorano ma lo cercano attivamente e si dicono disposti a lavorare prima della fine delle due settimane successive. Tutti gli altri rientrano nella categoria degli inattivi. Attenzione: le differenti età massime servono per cogliere i casi di pensionati che continuano a lavorare, una componente non secondaria visto che in Italia nel 2019 erano circa 671.500 (di cui 552mila con 65 anni o più).
Come detto per passare alle nuove rilevazioni sono stati modificati i questionari e, rispetto a quello usato fino a dicembre scorso, sono stati confermati 164 quesiti, 89 sono stati modificati, 86 eliminati mentre 48 sono nuovi. Per gestire le novità Istat ha posticipato al 6 aprile il rilascio del comunicato stampa “Occupati e disoccupati” riferito ai mesi di gennaio e febbraio. E per la rilevazione sul primo trimestre verrà effettuata una indagine in sovrapposizione, per testare il funzionamento del nuovo questionario e ricostruire le serie storiche dei principali aggregati. Inoltre i dati aggiornati sul mercato del lavoro normalmente scaricabili da I.stat, il datawarehouse ufficiale dell’Istat, non saranno disponibili fino alla ricostruzione delle serie storiche, prevista per la fine dell’anno.
Questo passaggio regolatori arriva in una fase di particolare impegno degli istituti di statistica nazionali, chiamati a produrre nuovi dati sugli sviluppi della crisi da gestire, in molti casi, con buona parte del personale costretto in smart working. Eurostat ha attivato un Dashboard per seguire l’evoluzione delle principali statistiche economiche e sociali, uno strumento in più per misurare comparativamente la velocità di recupero dei paesi europei e che utilizzerà a pieno anche i nuovi dati prodotti sull’andamento del mercato del lavoro.
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