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cronaca

Scopri i piccoli Comuni più colpiti dall’inverno demografico

 

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”. Ecco il mantra dell’inverno demografico in atto nella penisola. Un territorio sfaccettato in quasi otto mila municipi, piccole e grandi realtà, tra borghi, cittadine e paesini, ricolmi di cultura e tradizioni.

Mediamente parlando, gli enti locali, da Nord a Sud, mostrano un calo generale della popolazione. Ma precisiamo: le tendenze demografiche sono differenti a seconda delle dimensioni. Infatti, sono soprattutto i comuni con meno di tremila abitanti ad evidenziare una forte diminuzione dei residenti. E, a quanto pare, la tendenza in negativo peggiora al diminuire della dimensione.

Ma guardiamo cosa ci dice la ricerca condotta dalla Fondazione Think Tank Nord Est. Cerchiamo di capire cosa sia successo alla demografia degli enti locali negli ultimi dieci anni.

 

Il buco nero demografico. La fotografia degli ultimi dieci anni è quella di un buco nero demografico. Sono soprattutto i micro-comuni (quelli con meno di 500 abitanti) ad accusare il calo maggiore, con una perdita in media dell’11,6% della popolazione. Seguono quelli con un numero di residenti compreso tra 500 e mille abitanti, che registrano una un calo del 9%. I municipi tra mille e tremila, invece, registrano una flessione del 7%.

Risucchiata nel buco nero demografico c’è anche Corsano, una ridente cittadina del basso Salento. Poco più di cinque mila anime ed una perdita di residenti pari all’8,3%. Un tasso superiore alla media nazionale, ma che ricalca il costante spopolamento presente in tutte le piccole realtà che fanno del Bel Paese, un Gran Paese. Infatti, in simili enti territoriali, come ci racconta lo studio della Fondazione: “la flessione del numero degli abitanti, secondo le previsioni, è destinata ad intensificarsi nei prossimi anni, mettendo quindi a rischio la sostenibilità dei servizi legati all’istruzione e al sociale, ma anche alla cultura e allo sport”.

 Chi è, invece, totalmente fuori dalla media, è il comune di Terravecchia, in provincia di Cosenza. A questo fa riferimento il triste primato del maggiore spopolamento accusato negli ultimi dieci anni. Parliamo di una percentuale pari a quasi il 43% di abitanti persi in una sola decade. La media nazionale, per i comuni di egual dimensione, è del 9%.

Diametralmente opposte sono le realtà degli enti locali che hanno dimostrato un miglioramento in termini di crescita demografica (acquisendo quasi 25 punti percentuali ciascuno). Questi si trovano principalmente in Lombardia o nel Trentino. Parliamo di Cusago (+22,1%), Andalo (+22,2%), Calliano (+24,1%) e Brumano (+25,8%).

Ma, in linea generale, come si potrebbe contrastare il fenomeno dello spopolamento? Secondo quanto sostenuto da Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est, la possibilità di aggregare i piccoli enti territoriali con i comuni limitrofi, potrebbe generare dei vantaggi. In questo modo, infatti, si offrirebbero maggiori servizi alla popolazione (all’interno di bacini territoriali più ampi). Non solo, come definito dalla Fondazione: “con gli incentivi statali concessi alle fusioni, si possono realizzare investimenti e progetti per migliorare la qualità della vita e la competitività di queste aree, cercando di renderle nuovamente attrattive per le imprese e le persone”.

Questo è del resto l’auspicio per i nostri paesini, veri baluardi della nostra cultura, in una realtà come quella italiana, fortemente radicata alla provincia. Perché, continuando il mantra del Pavese: “un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.