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Scuola, un ragazzo su sei fra i 18 e i 24 anni non ha il diploma, contro una ragazza su dieci

Pensiamo a una scuola media con 5 sezioni di 18 alunni per ciascuna classe. Di questi 90 ragazzi, uno rimarrà indietro, perché non andrà alle scuole superiori. Se consideriamo il Meridione, non andrà alle superiori un ragazzino su 66, come a dire uno ogni 3 classi. Sono i dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) relativi al passaggio d’anno 2019-2020. Si tratta dell’1,14%, che diventa 1,24% se consideriamo solo gli alunni maschi e dell’1,50% nelle regioni del Sud.

Un ragazzo su sei fra i 18 e i 24 anni non ha il diploma, contro una ragazza su dieci. In Italia i cosiddetti “early leavers from education and training”, ossia coloro che non raggiungono il titolo di scuola secondaria di secondo grado e non sono impegnati in altre attività di formazione o di lavoro, sono ben più della media europea. Siamo inoltre lontani dal target del 9% fissato dall’Agenda delle Nazioni Unite per il 2030.

Tale dato appare correlato alla presenza di lavoro minorile nel nostro Paese che interessa maggiormente, in particolare nella fascia di età 14-15 anni, i ragazzi maschi delle regioni meridionali. È qui, infatti, che la dispersione scolastica risulta più consistente. La Sicilia è la regione con il tasso di dispersione scolastica più alto d’Italia per quanto riguarda gli alunni delle scuole secondarie di I grado, mentre per quanto riguarda la secondaria di II grado, i tassi di abbandono sono superiori al 5% in Sardegna e tra il 4 e il 5% in Sicilia e Campania. Sono dati presentati dal Garante Infanzia in una relazione datata giugno 2022 che fa il punto della situazione.

La probabilità di abbandonare gli studi è correlata alla difficoltà a scuola, che a sua volta e legata alle condizioni socio-economiche del contesto familiare dove il ragazzo cresce. Quando si va bene a scuola è difficile che la si abbandoni, anche in presenza di elementi di povertà. Mentre è vero che laddove c’è povertà – anche educativa – è maggiore il rischio di cattivi risultati a scuola. Nel Meridione l’incidenza di abbandoni tra i giovani i cui genitori hanno al massimo la licenza media raggiunge il 25,5%, rispetto al 18,9% nel Nord. L’abbandono degli studi prima del diploma riguarda il 22,7% dei giovani i cui genitori hanno al massimo la licenza media; incidenze molto contenute di abbandoni, pari al 5,9% e al 2,3%, si riscontrano, invece, per i giovani rispettivamente con genitori con un titolo secondario superiore e genitori con un titolo terziario. Similmente, se i genitori esercitano una professione non qualificata o non lavorano, gli abbandoni scolastici sono più frequenti: circa il 22%.

Vi è poi la cosiddetta “dispersione implicita”, ossia chi pur conseguendo il titolo, e magari iscrivendosi al grado di istruzione successivo, non ottiene i risultati minimi richiesti per accertare le competenze considerate di base dalle prove INVALSI. I voti, e dunque la promozione, dipendono da diversi fattori legati alle decisioni del singolo insegnante o al gruppo di docenti. Le rilevazioni INVALSI permettono di tentare una valutazione più uniforme sul territorio.
La relazione del Garante Infanzia riporta i dati di un rapporto Invalsiopen “La dispersione scolastica implicita” del 2019 sugli allievi “in difficoltà” al termine della terza classe della scuola secondaria di primo grado, cioè la terza media. La “difficoltà” viene qui misurata considerando gli alunni che terminano la terza media con livelli di competenza inadeguati in tutte e tre le materie esaminate da INVALSI: italiano, matematica e inglese. Per l’Italia si stima un valore medio che sfiora il 15%, come a dire che un ragazzo su sei è in difficoltà. Il 30% dei ragazzi calabresi, il 28% di quelli siciliani, il 25% di quelli campani, il 22% dei giovani sardi. A scendere si arriva al 18& dei pugliesi, al 12-13% di piemontesi, liguri, toscani e laziali, all’8% dei ragazzi lombardi, veneti e maschigiani che sarebbero in difficoltà, al 6,5% di trentini e friulani.
Ebbene, sommando il numero di studenti dispersi – espliciti ed impliciti è possibile stimare che la dispersione totale in Italia sia superiore al 20%, un problema che riguarda quindi uno studente su cinque.

Che cosa è accaduto durante il COVID? Iniziamo ad avere dati sufficienti per tentare qualche prima valutazione. Stando alla rilevazione di Almadiploma 2023, su un totale di 32 mila studenti del 2022, oltre sette diplomati su dieci ritengono che la preparazione raggiunta attraverso la didattica digitale integrata sia inferiore a quella che avrebbero raggiunto se non ci fosse stata l’emergenza. Si tenga presente che i diplomati del 2022 hanno vissuto in questo modo la seconda parte dell’a.s. 2019/20 (terzo anno), l’intero a.s. 2020/21 (quarto anno) e l’inizio dell’a.s. 2021/22 (quinto anno). Solo un diplomato su cinque dichiara di essere riuscito a stare più attento e a non distrarsi rispetto alle lezioni in presenza (17,8% tra i liceali, 23,3% tra i tecnici e 30,0% tra i professionali) e la stessa percentuale ritiene che la DaD sia stata più efficace delle lezioni in presenza per l’apprendimento di nuovi argomenti (il 16,2% dei liceali, il 21,9% di chi frequenta gli istituti tecnici e addirittura il 28,7% di chi è iscritto a un professionale).

Per capire quanto la percezione dei ragazzi corrisponda a realtà, bisognerà attendere i risultati della prossima rilevazione PISA (l’ultima risale al 2018), che verranno pubblicati a dicembre 2023.