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cronaca

Peacekeeping: chi crede nei Caschi Blu dell’Onu

Le forze di pace delle Nazioni Unite, riconoscibili dai loro Caschi Blu, sono concepite come simbolo di cooperazione internazionale nelle zone di conflitto. Ma non tutti ci credono. Almeno se guardiamo ai contributi che vengono versati. Qui Visual Capitalist ha realizzato questa infografica che illustra bene chi paga e quanto. E in quali missioni sono chiamate ad operare le forze dell’Onu

Mentre alcuni paesi, come Nepal, Bangladesh e India, si distinguono per il loro significativo apporto di personale, superando le 6.000 unità ciascuno e concentrandosi principalmente sulle missioni in Africa, molti altri paesi offrono un contributo limitato. Gli Stati Uniti, ad esempio, pur essendo una superpotenza mondiale, contano solo 27 membri del personale nelle forze di pace, nessuno dei quali è un soldato. Questo dato solleva interrogativi sulla reale volontà di alcuni paesi di impegnarsi attivamente nella risoluzione dei conflitti.

Anche l’aspetto finanziario rivela disparità significative. Gli Stati Uniti, la Cina e il Giappone si confermano i principali finanziatori delle missioni di pace, con contributi che superano il miliardo di dollari. Questa situazione solleva interrogativi sulla distribuzione equa degli oneri finanziari e sulla dipendenza delle Nazioni Unite da un numero ristretto di paesi per il finanziamento delle proprie attività.

Attualmente sono attive 11 missioni di pace in diverse aree del mondo, ma la storia di queste missioni è costellata sia di successi che di fallimenti. Il genocidio del Ruanda nel 1994 e la diffusione del colera ad Haiti nel 2010 sono esempi tragici di come le forze di pace possano fallire nel loro mandato di proteggere i civili e promuovere la pace. Questi eventi hanno sollevato dubbi sulla capacità delle Nazioni Unite di gestire efficacemente le crisi e sulla necessità di rivedere le strategie e le procedure delle missioni di pace.

Inoltre, le accuse di abusi sessuali perpetrati da alcuni peacekeeper nella Repubblica Centrafricana e in Congo hanno gettato un’ombra sulla reputazione delle forze di pace, mettendo in discussione l’integrità e la responsabilità di alcuni membri del personale. Questi episodi hanno evidenziato la necessità di rafforzare i meccanismi di controllo e di garantire una maggiore trasparenza nelle attività delle missioni di pace.

In conclusione, l’analisi dei dati relativi ai contributi dei paesi membri alle forze di pace delle Nazioni Unite offre un quadro complesso e sfumato. Se da un lato emergono esempi di impegno e solidarietà, dall’altro lato si evidenziano disparità, fallimenti e ombre che mettono in discussione l’efficacia e la credibilità delle missioni di pace.

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