Sono 16 milioni i lavoratori in Italia iscritti a uno dei 324 fondo sanitari integrativi e negli ultimi anni la spesa complessiva erogata per prestazioni entro e fuori i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) è aumentata notevolmente. Dal 2013 a oggi le risorse erogate sono aumentate anno dopo anno. Nel 2023 si sono superati i 3,2 miliardi di euro, contro gli 1,9 miliardi di dieci anni prima.
Il Ministero della Salute ha da poco pubblicato il terzo rapporto sull’assistenza integrativa in Italia. Nel 2022 la Legge 118 ha infatti introdotto una novità: che il Ministero della Salute renda attuativo uno specifico “Osservatorio nazionale permanente dei Fondi Sanitari Integrativi”.
I fondi si suddividono in tipologia A, destinati esclusivamente a prestazioni che non rientrano nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), e in tipologia B, che raggruppa gli enti, le casse e le società di mutuo soccorso con finalità assistenziali, che svolgono una funzione complementare e sostitutiva del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) ed erogano ai propri iscritti sia le prestazioni già offerte dal sistema pubblico (incluse nei LEA) sia quelle non erogate (extra-LEA) Questi ultimi sono tenuti a destinare almeno il 20% delle risorse a prestazioni integrative non LEA, cioè che il sistema pubblico non garantisce.
Per quanto riguarda i fondi esclusivamente integrativi al SSN, ossia i fondi di tipologia A, nel 2022 hanno speso poco più di 1 milione di euro, a beneficio di circa 24.000 iscritti. Gli Enti, Casse e Società di Mutuo Soccorso, che destinano almeno il 20% delle risorse annuali ad attività che integrano il Servizio Sanitario Nazionale, hanno dichiarato di aver erogato, nel 2022, un totale di poco più di 3 miliardi di euro per tutte le prestazioni, comprese quelle nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e quelle complementari. Di questa cifra, circa 1 miliardo è stato destinato a prestazioni LEA, a favore di oltre 16 milioni di iscritti.
Quasi tutto va in cure odontoiatriche
La maggior parte delle prestazioni riguardano cure odontoiatriche, sia nella categoria A che B. Nel triennio 2020-2022, i fondi di tipologia A hanno destinato quasi esclusivamente (il 99%!) le proprie risorse alle prestazioni odontoiatriche, confermando l’importanza di questo settore per gli iscritti. In particolare, la spesa totale per le prestazioni odontoiatriche è stata di 5.5 milioni di. Sono stati erogati 29 mila euro per prestazioni finalizzate al recupero della salute e 18 mila euro per prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e prestazioni sociali a rilevanza sanitaria.
Nei fondi di tipologia B, nel 2021, la spesa per le prestazioni odontoiatriche è aumentata di circa 50 milioni di euro rispetto al 2020, raggiungendo i 672 milioni di euro. Nel 2022, tale spesa ha continuato a crescere, con un incremento di poco più di 40 milioni di euro rispetto all’anno precedente, arrivando a un totale di 713 milioni di euro.
Per le prestazioni finalizzate al recupero della salute invece si è verificato un incremento della spesa di circa 17 mila euro nell’anno 2021 rispetto all’anno 2020 e di poco più di 38 mila euro nell’anno 2022 rispetto all’anno precedente. La spesa per le prestazioni socio sanitarie risulta invece ridotta nell’anno 2022 rispetto ai due anni precedenti.
Intanto la spesa sanitaria pubblica…
L’ultimo rapporto del MEF pubblicato a dicembre 2024, evidenzia che negli ultimi dieci anni la spesa sanitaria pubblica in Italia era cresciuta a un ritmo del 2% medio annuo, ben al di sotto del 3,8% registrato dagli altri Paesi dell’Europa Occidentale. La spesa sanitaria privata, invece, aveva visto una crescita media annua del 7% rispetto al 2022 e del 24% sul 2019. Negli ultimi anni, la spesa sanitaria privata in Italia ha raggiunto i 36 miliardi di euro, di cui solo il 10,1% era gestito tramite i Fondi Sanitari Integrativi e Complementari, oltre che dalle compagnie di assicurazione.
La spesa sanitaria privata rimane quindi ancora principalmente “out of pocket”, cioè a carico diretto dei cittadini.
Quanto pagano gli italiani per il dentista
Le cure odontoiatriche pubbliche sono praticamente inesistenti, come evidenzia una relazione sullo stato dell’arte dell’odontoiatria pubblica pubblicata dal Ministero della Salute nel 2023.
Nel 2021 sono stati erogati 3,7 milioni di euro dal Servizio Sanitario Nazionale per prestazioni ambulatoriali. Come volumi di prestazioni per il 27% si è trattato di prime visite, per il 20% di diagnostica per immagini e trattamenti diversi. Solo nell’1% dei casi le cure odontoatriche pubbliche si riferivano a protesi e perni (dentiere incluse) che come sappiamo sono la voce di spesa dentistica più rilevante. L’importo complessivamente impiegato per le cure odontoiatriche pubbliche si attesta a circa 85 milioni di euro annui, che significa una fetta irrisoria della spesa pubblica: lo 0,2% della spesa sanitaria pubblica destinata ai servizi ambulatoriali (che ammontava a 35 miliardi nel 2021) e lo 0,07% della spesa sanitaria pubblica complessiva (che ammontava a 127 miliardi nel 2021). L’area che assorbe la maggioranza relativa delle risorse è quella dei trattamenti conservativi (il 25% della spesa), seguita dalle diagnosi (23%), dalla diagnostica per immagini (16%) e dalla chirurgia orale (11%).
Non si nota infatti alcuna differenza rispetto alla quota che i più ricchi e i più poveri hanno dovuto pagare di tasca propria per le spese dentali, anche se per una famiglia in difficoltà può aver significato grandi rinunce. L’83% delle famiglie più povere ha pagato le proprie spese dentali dell’ultimo anno di tasca propria, come l’85% dei più ricchi.
Come crescono i Fondi Integrativi
A usufruire di questi servizi sono per lo più i lavoratori dipendenti, e questo non stupisce. Si conferma invece una criticità già evidenziata negli anni precedenti, relativa alla limitata copertura dei lavoratori in pensione. Questa fascia di popolazione, che ha un maggiore bisogno di cure, continuerà ad aumentare numericamente, comportando una crescente necessità di assistenza socio-sanitaria sempre più complessa.
Il primo aspetto che emerge è che mettendo a confronto i fondi sanitari iscritti all’anagrafe negli anni 2013 e 2023, emerge che nello scorso anno hanno ricevuto l’attestato 48 fondi in più rispetto a dieci anni fa. Il numero di fondi iscritti all’Anagrafe è aumentato nel corso degli anni. Nel 2010, anno di avvio dell’Anagrafe, erano registrati 267 fondi. Nel 2020, questo numero è salito a 318, di cui il 96% (306) apparteneva alla tipologia B e il 4% (12) alla tipologia A. Nel 2023, il totale è arrivato a 324 fondi. La spesa sostenuta per le prestazioni LEA è risultata maggiore di circa 864 milioni di euro, mentre per le prestazioni integrative ai LEA è aumentata di circa 466 milioni di euro.
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